Capitolo 14: Da 59 a 63 anni

 

A 59 anni: 1946
 
 

Angeli

 

1946: L’angelo di Padre Pio porta una lettera senza indirizzo a Giovannino, nipote di Cleonice Morcaldi .

 

Cleonice Morcaldi di S. Giovanni Rotondo racconta che durante la seconda guerra mondiale un suo nipote fu fatto prigioniero e da un anno (siamo nel 1946)non dava più notizie di sé; temeva quindi che fosse morto.

 

Un giorno si recò da Padre Pio e, gettandosi ai suoi piedi, lo supplicò che le dicesse almeno se fosse vivo o morto. Padre Pio la rassicurò, dicendole: «Alzati e vai tranquilla».

 

Queste parole però, per quanto le dessero una certa speranza, non le levarono il dubbio e così, mentre i giorni passavano senza che essa ricevesse notizie del nipote, l'angoscia la prendeva sempre più.

 

Alla fine volle tentare un espediente piuttosto ardito, anche se sostenuta da una grande fede. Tornò dal Padre Pio e gli disse: «Padre, facciamo così: io scrivo una lettera a mio nipote Giovannino con il solo nome, non sapendo dove indirizzarla. Voi e il vostro Angelo Custode portatela dove egli si trova».

 

Padre Pio non disse nulla ed ella pensò: - Chi tace afferma -, e riprese a sperare. Scrisse la lettera e la sera, prima di andare a letto, l'appoggiò sul comodino.

 

La mattina seguente, con suo stupore e anche un po' di paura, si accorse che la lettera non c'era più. Corse allora dal Padre Pio e si sentì dire da lui: «Ringrazia la Vergine».

 

Quindici giorni dopo, riceveva la risposta alla sua lettera con la notizia che il nipote Giovannino era vivo, si trovava in un certo posto e presto l'avrebbe visto.  (Rose Ann Palmer, God did it, healing testimonies across time and religions, iUniverse LCC, Bloomington, Indiana, 2014, pag. 267-8)

 

 

 

 

8 aprile 1946: Nicola Pazienza

 

Dal diario di Padre Agostino Da San Marco in Lamis:

 

"Giorni fa un contadino che abita vicino alla nostra clausura, dirimpetto alle finestre delle nostre stanze, mi raccontò un fatto meraviglioso.

Egli si chiama Nicola Pazienza, un vecchietto di una bontà e semplicità non ordinaria.

 

 Mi raccontò che parecchi anni orsono, mentre egli dormiva d'estate sull'aia, si sveglio' di botto e vide la stanza del Padre Pio verso mezzanotte tutta illuminata da una luce più fulgida del sole, e il Padre risplendente in mezzo a questa luce.

 

Nicola a tale visione esclamo' tra sè: "Mio Dio, che sarà il Paradiso?" (Agostino, Diario 189) (Capuano, 277-8)

 

 
 
Il 5 ottobre 1946, cessata la guerra, l’idea di progettare e realizzare la «Casa Sollievo della Sofferenza» riprende vita.

Davanti al notaio Girolamo Caggianelli di Foggia, venne costituita una società per azioni denominata “Società Anonima Casa Sollievo della Sofferenza”, avente per oggetto «l’erezione, la costituzione e la conduzione in San Giovanni Rotondo (Foggia) di una Clinica Ospitaliera destinata alla cura ed alla assistenza degli ammalati anche dal lato spirituale».

Il capitale sociale, di un milione di lire, era costituito da mille azioni da mille lire ed era ripartito fra le sei persone firmatarie dell’atto costitutivo: dott. Guglielmo Sanguinetti, ing. Eleonora Figna, dott. Carlo Kisvarday, sacerdote don Giuseppe Orlando, sig. Pasquale De Meis e dott. Guglielmo Panicali.

Tutti dichiararono di rinunziare agli utili. Successivamente entrarono a far parte della società: il dottor Mario Sanvico, la signorina Angela Serritelli, il conte John Telfener, Mario Cacciaglia, il marchese Giovanbattista Sacchetti, il marchese Bernardo Patrizi, l’avvocato Daniele Ungaro, l’avvocato Giovanni Pennelli ed altri.

 Il primo consiglio di amministrazione della Società, formato nel maggio 1947, era così composto: il marchese Giovanbattista Sacchetti, presidente; il dottor Mario Sanvico, vicepresidente; il dottor Guglielmo Sanguinetti, consigliere delegato; il dottor Carlo Kisvarday, cassiere.

Il terreno scelto per l’erigendo Ospedale fu quello assegnato in concessione e poi venduto alla stessa, dal Comune a Maria Basilio per costruirvi un’opera di beneficenza.(Chiocchi - Cirri, Vol II, 23-4)


Il 10 ottobre 1946 Maria Basilio donava alla società appena costitita il terreno di sua proprietà, diettari 3, are 96 e centiare 80, per la costruzione dell'ospedale. (Mischitelli, 601)

Il consiglio di amministrazione posa per una foto ricordo sulla scala della villa del dr. Kinwarday


Don Giuseppe Orlando, entrato a far parte del Comitato per l’erigenda Clinica, stando sempre vicino al Padre, viene da lui continuamente sollecitato a dare inizio ai lavori.


Così scrisse: «Padre Pio se la prendeva sempre con me. Ogni sera col gomito mi batteva forte nei fianchi, tanto che evitavo di sedergli vicino.

“Hai capito che devi iniziare i lavori?” “Ma Piuccio, perché devi far ridere sulle mie e le tue spalle? Iniziare i lavori per una grande clinica senza un progetto, senza un disegno, senza un ingegnere?” “Tu devi iniziare i lavori!”

Una sera, unicamente per farlo contento, gli dissi: “Piuccio, domani farò una strada in quelle rocce donate da Maria Basilio; bada bene, però, che solo una strada io so fare!”

Si, appunto una strada: comprai due gomitoli di spago e con venti operai iniziai la strada larga 4 metri, allineando, con lo spago teso, due muretti a secco con pietre che ricavavo dal roccioso suolo.

Padre Pio spiava ogni giorno dal finestrone del convento e la sera mi spolverava dalla sottana la polvere che mi era caduta addosso durante i lavori del giorno.

Come era contento!»  (Preziuso 179) (Giannuzzo, 319)

Don Peppino Orlando
 
Don Giuseppe Orlando aveva ragione.

I lavori non potevano iniziare senza avere un progetto. Ne furono richiesti alcuni.

Tra i progetti pervenuti, Padre Pio ne scelse uno, che recava la firma di un certo ingegner Candeloro.

Fu convocato l’autore e si scoprì che non esisteva nessun ingegner Candeloro e che il progetto apparteneva ad un certo Angelo Lupi, che non era neanche geometra.

Ma Padre Pio capì che era l’uomo giusto. Lupi divenne così progettista e direttore dei lavori della Casa Sollievo della Sofferenza, riuscendo a realizzare un’opera che gli esperti definirono un vero miracolo. (Preziuso, 180) (Giuannuzzo, 319)
 
Angelo Lupi




Il 7 ottobre 1946
morì il padre di Padre Pio, zi Grazio Forgione, nella casa di Maria Pyle.

       
7 ottobre 1946 Muore il padre di Padre Pio

 

A 60 anni: 1947
19 marzo 1947: don Peppino Massa

 

 La sera del 19 marzo 1947, Padre Pio scese in paese a San Giovanni Rotondo, a visitare il suo caro amico don Peppino Massa che era gravemente ammalato, nel giorno del suo onomastico.

Dopo averlo confessato, Padre Pio gli rivolse parole di conforto e poi disse:

"Non ancora è arrivata l'ora dell'incontro con Cristo: ci vuole un altro po' di tempo."

Don Peppino Massa morì quattro mesi dopo, nel luglio del 1947. (Padre Alberto D'Apolito, Padre Pio da Pietrelcina, Ricordi – Esperienze - Testimonianze, pagine 56-7)




16 maggio 1947: prima pietra dell'ospedale

Venerdì 16 maggio 1947 avvenne la posa della prima pietra. Tre giorni dopo, 19 maggio 1947, fu dato il primo colpo di piccone ed ebbero così inizio i lavori per una grande opera, a sostegno della quale non v’era alcuna organizzazione industriale o commerciale. V’erano solo le offerte dei fedeli (Giannuzzo, 319) (Fernando - Gerardo, Il Beato, pag. 51)

19 maggio 1947 Inizio costruzione della Casa Sollievo
 
Angelo Lupi
Lupi fu uomo tenace e intelligente, di notevole capacità organizzativa; diresse per nove anni, dal 1947 al 1956, una media di 300 operai al giorno, esigendo da loro la massima serietà nel lavoro e dando egli stesso l’esempio di essere un operaio infaticabile.

Da tutti benvoluto, mostrava nel lavoro un acume elevato e una preparazione di eccezionale livello. Egli dovette provvedere innanzitutto a pesanti lavori di sbancamento per oltre 100.000 metri cubi di roccia, all’assestamento di un’area di costruzione di 35.000 metri quadri, all’allacciamento con l’acquedotto pu-gliese.

Si badò con particolare attenzione a lottare contro gli sprechi; alla data dell’inaugurazione dell’opera, nel 1956, venne calcolato un costo complessivo nella misura di circa un terzo del costo mondiale medio di fabbricazione. (Peroni, 431)

Lupi fu anche denunciato da un ingegnere di Foggia per esercizio abusivo della professione. Preoccupato, si rivolse a Padre Pio, che gli disse di non temere. Il processo finì nel nulla (Preziuso, 180)



Mercoledì 4 giugno 1947: Bartali e Coppi

Bartali si confessa da padre Pio

• Il Giro d’Italia arriva nell’alta Puglia. È l’undicesima tappa, Bari-Foggia di 129 chilometri. Sul traguardo arriva primo Mario Ricci, in maglia rosa è Gino Bartali. «La sera di quel 4 giugno, era stato Gino Bartali che aveva voluto vedere da vicino padre Pio da Pietrelcina. Facendo infuriare il suo direttore sportivo, il campione aveva preteso di essere accompagnato da Foggia a San Giovanni Rotondo per incontrare il cappuccino e confessarsi da lui. […] La fama del cappuccino era evidentemente ormai tale da far brillare di luce riflessa chi entrava in contatto con lui, quand’anche si trattasse di un’altra stella: dello stesso Coppi esiste una fotografia che lo ritrae a San Giovanni Rotondo accanto a padre Pio». [Sergio Luzzatto, Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento, Einaudi] Il 15 giugno 1947, Coppi vince il Giro


6 luglio 1947: Si apre il convento dei Cappuccini a Pietrelcina.

Il convento era stato completato da diversi anni, ma a causa della guerra i frati non avevano avuto ancora l'occasione di prenderne possesso. La chiesa fu completata qualche anno dopo, e consacrata il 19 maggio 1951. (Dorothy M. Gaudiose, Mary's House, Alba House, New York, 1993, pag. 35)
 

Il convento di Pietrelcina. La statua fu aggiunta nel 1971
 
 
 
 
 

18 giugno 1947: Gemma di Giorgi.

 

Gemma di Giorgi, nacque il giorno di Natale del 1939 a Ribera in Sicilia.

 

Gemma nacque cieca e senza pupille, e recuperò improvvisamente la vista, ma non le pupille, dopo aver fatto la Comunione dalle mani di Padre Pio il 18 giugno 1947.

 

Fu una sfida alla scienza. Gli specialisti dissero che non poteva vedere e che sarebbe rimasta cieca per tutta la vita perché "nessuno può vedere senza pupille".

 

Ecco come avvenne. Un giorno capitò da loro una zia suora, la quale sentito il caso, consigliò di rivolgersi al Padre Pio. La nonna della piccola, sentito questo, si prese l'impegno di andare con essa a S. Giovanni Rotondo; intanto pregò la suora di scrivere al Padre e di supplicarlo di venire in loro aiuto.

 

La suora scrisse e raccomandò il caso della piccola cieca. Una notte sognò Padre Pio, il quale le disse: «Dov'è questa Gemma per la quale con tante preghiere state a stordirmi la testa?». La suora, sempre durante il sogno, presentò Gemma al Padre Pio e questi fece un segno di croce sui suoi occhi.

Il giorno dopo questo sogno, la suora ricevette la risposta del Padre Pio, il quale le diceva: «Cara figliola, assicuro che pregherò per la bambina, ben augurando».

 

Impressionata dalla coincidenza del sogno con la risposta del Padre Pio, la suora incitò la nonna della bambina a partire senza indugi per S. Giovanni Rotondo. La nonna non se lo fece dire due volte e, presa con sé la bambina, si mise in viaggio per S. Giovanni Rotondo. Mentre era in treno, Gemma disse alla nonna che aveva l'impressione di vedere qualcosa. La nonna non volle credere, perché la piccola non aveva pupille.

Arrivate a S. Giovanni Rotondo, Gemma e la nonna corsero in chiesa per andare a confessarsi da Padre Pio. La bambina non aveva ancora fatto la Prima Comunione e perciò si voleva approfittare dell'occasione per fargliela fare da Padre Pio stesso. La nonna le raccomandò che, quando fosse venuto il suo turno per la confessione, chiedesse al Padre Pio di pregare perché acquistasse la vista, ma la bambina se ne dimenticò. Padre Pio però, quando se la vide davanti le toccò gli occhi con la mano e poi fece un segno di croce su di essi.

Dopo la confessione, la nonna chiese a Gemma se avesse chiesto a Padre Pio di pregare per la sua guarigione, ma la bambina le rispose che se n'era dimenticata. Grande fu l'angoscia della nonna e si mise a piangere; poi andò lei stessa da Padre Pio per chiedergli d'intercedere per la guarigione di Gemma. Padre Pio le disse: «Tieni fede, figlia mia. La bambina non deve piangere e nemmeno tu devi essere preoccupata. Gemma vede e tu lo sai».

 

Intanto la bambina fece la Prima Comunione per le mani di Padre Pio, il quale dopo averle dato l'ostia, tracciò un secondo segno di croce sui suoi occhi.

 

Poi, venuto il momento di tornarsene a casa, Gemma e la nonna si misero in viaggio. Mentre erano in treno la bambina si accorse che la vista andava schiarendosi sempre più fino ad acquistare un grado normale. Arrivata a Cosenza, la nonna si ammalò e fu necessario passare qualche giorno in ospedale; poi, quando stava per ripartire, volle far fare alla bambina una visita da un oculista, il quale dopo averla osservata attentamente, rimase sbalordito, perché la bambina vedeva senza avere le pupille.

 

Tornate a casa, grande fu lo stupore di tutti nel constatare che Gemma, pur senza pupille, vedeva perfettamente.

 

Dopo alcuni mesi, i genitori vollero portarla da uno specialista di Perugia, ma anche questi dovette constatare che non c'era spiegazione umana al fatto che Gemma vedesse senza pupille. E continuò a vedere così anche dopo, vivendo al suo paese e, di tanto in tanto, andando in giro a raccontare la sua bella avventura.

 

Gemma è cresciuta, ha fatto regolarmente gli studi continuando a godere di una vista eccellente.

 

Tornava spesso a San Giovanni Rotondo. Padre Pio scrollando il capo diceva: "Non mi coinvolgete in quest'affare, brava gente! Non sono io, è la Madonna". “Ma bisognava che foste voi a chiederlo”, replicò una persona di buon senso.  

 

(Padre Agostino da San Marco in Lamis, Diario, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, IV edizione,  2012, pag. 197. Entrata nel Diario del 27 giugno 1947: “Giorni fa si presentò un signore di Ribera (Agrigento) riferendomi che la sua bambina nata cieca ha avuto la vista per le preghiere di Padre Pio.....)  (Nesta De Robeck, Padre Pio, The Bruce publishing Company, Milwaukee, second printing,1959, pagg. 88. La prima edizione del libro uscì nel 1958. Il libro ebbe l’Imprimatur di Mons. Alberto Meyer, Arcivescovo di Milwaukee) (Pascal Cataneo, Padre Pio gleanings, Editions Paulines, Quebec Canada, 1991, pagg 11-114). Prima edizione “I fioretti di Padre Pio”, Edizioni Dehoniane, Roma, 1988) (Maria Winowska, Il vero volto di Padre Pio, Edizioni San Paolo, Torino, trentatreesima edizione 2003, pag. 129. La prima edizione originale era in francese e fu stampata a Parigi nel 1955)

Nel corso degli anni Gemma Di Giorgi è stata visitata da moltissimi medici specialisti e tutti ripetono: "Nessuno può vedere senza pupille."

 

Nel 1967 Gemma e la sua nonna ebbero una lunga intervista in San Giovanni Rotondo con la scrittrice Clarice Bruno, che dedicò al fatto un capitolo del suo libro su Padre Pio.  A quel tempo Gemma aveva 28 anni. (Clarice Bruno, Roads to Padre Pio, Editrice Città Nuova, Roma, 1970, pagg. 111-116)




1947: Mariuccia Ghisleri
Nel marzo del 1947 Mariuccia Ghisleri di Cascina Alata di Sale (Alessandria) visitò Padre Pio in compagnia delle sue cugine. In quel periodo si ammalò di polmonite.
Visitata dal dr. Sanguinetti a San Giovanni Rotondo questi disse che era necessario che entrasse in un Sanatorio. Dalle pellicole radiologiche si nota la malattia polmonare. La signorina andò nel sanatorio, come suggerito, ma non guarì, e ne uscì più malata di prima.
Le cugine vennero più volte da Padre Pio a chiedere di intercedere per Mariuccia. Padre Pio diceva: "Guarirà, guarirà, guarirà."
Temendo che la vicinanza potesse portare il contagio chiese consiglio a Padre Pio, e lui:
"Portatela a casa, non vi è alcun pericolo. Fra quindici giorni sarà guarita."
Mariuccia ritornò in famiglia  e non accusò più alcun dolore. A settembre contattò Alberto del Fante "per essere intervistata sul mio fatto".
(Alberto del Fante, Per la storia, Padre Pio da Pietrelcina il primo sacerdote stigmatizzato, settima edizione 1950, pag.427-9; prima edizione)
 

Nel 1947 Don Pierino Galeone manda il suo angelo custode a Padre Pio

Don Pierino Galeone riferisce che nel 1947 rimase 20 giorni a San Giovanni Rotondo.

 

“Le persone, vedendomi sempre vicino a Padre Pio, mi chiedevano di confidargli le loro pene: la sorte dei famigliari dispersi in Russia, la guarigione di un figlio, la soluzione dei propri problemi, trovare lavoro, eccetera.

 

Il padre mi rispondeva sempre con dolcezza e amore. Un giorno mi disse: “Quando hai bisogno di qualcosa, mandami il tuo angelo e io ti risponderò”.

 

Una mattina una mamma mi si avvicinò piangendo, prima della messa, per raccomandarmi suo figlio. Il padre era già salito sull’altare e io non ardii parlargli, così che, commosso, come mi aveva consigliato, gli mandai il mio angelo per raccomandargli il figlio di quella madre.

 

Terminata la messa, mi avvicino a Padre Pio e gli raccomando giovane. Ed egli mi risponde: “Figlio mio, me lo hai già detto”.

 

Capii allora che il mio angelo custode lo aveva tempestivamente avvertito e Padre Pio aveva pregato per lui”. (Positio II, p. 1077) (Pena 44)

 

1947: la sorella di Padre Lino

Padre Lino Barbati, cappuccino riportò nel 1987 a Padre John Schug:

“Nel 1947 ... mia sorella era gravemente malata di tubercolosi ... Padre Pio mi disse: “Dì a tua sorella di buttar via tutta quella medicina. Non le fa bene. Buttala via e basta”.

 

Mia sorella così fece, ed ora si sente perfettamente bene. (John A. Schug, OFM, Cap., A Padre Pio Profile, St. Bede Publications, Petersham Massachusetts, 1987 pag. 4)




Nel 1971 Fra Modestino ebbe l'incarico di fare l'inventario della stanza di Padre Pio, e alcuni dettagli lo riportano indietro al 1947

Stimmate

"Ognuno potrà immaginare con quale trepidazione mi inoltravo in quel lavoro. Tra le mani avevo le prove tangibili di tutta la martirizzante sofferenza subita dall'amato Padre, nel suo continuo stato vittimale. Sangue, sangue, sangue dappertutto! Una enorme quantità di pannolini che erano servita tamponare le effusioni ematiche della ferita del costato. Guanti bianchi usati dal Padre per lavarsi il viso, e calzini di cotone bianco. Tutti con le indelebili impronte delle ferite aperte nelle mani e nei piedi, segnate dal sangue assorbito e che rivelava, perfino con alcune piccole croste, il foro che le stigmate avevano aperto nella sua carne, squarciandola.”

 

6 maggio 1965: Lacrime di sangue e sudore di sangue

 

“Una emozionante scoperta la feci nello spiegare cinque fazzoletti intrisi di rosso: con i primi tre Padre Pio aveva asciugato il sudore della sua fronte, con gli altri due aveva asciugato le sue lagrime.

 

Lo confermava una dichiarazione allegata di Padre Onorato Marcucci che, il 6 maggio 1965, dopo aver asciugato il sudore sulla fronte e sul viso di Padre Pio s'era accorto che era sangue.

 

 Quindi non si trattava di normale sudorazione o di comuni lagrime: Padre Pio aveva pianto lagrime di sangue; come Gesù nell'orto degli ulivi, aveva sudato sangue! ...”

 

Flagellazione

 Proseguii nel mio lavoro quando ecco un'altra profonda emozione mi era riservata.

 

Notai, tra le altre, una camicia tutta macchiata di sangue. La dichiarazione acclusa, vergata il venerdi' santo del 1921, la definiva "camicia della flagellazione". Era di lino, rattoppata, con le maniche lunghe. Doveva coprire il corpo del Padre probabilmente fino alle ginocchia. La spiegai delicatamente. Macchie di sangue dappertutto, di sudore sieroso, specie in prossimità dei reni.

 

Ora capivo, in tutta la sua ampia realtà, quella frase che in un mattino di maggio del 1947, in coro, mi disse, con gli occhi umidi di pianto: "Figlio mio, la mia vita è un continuo martirio."

 

Già nell'epistolario (I, 669) avevo letto che Padre Pio pativa la flagellazione "quasi una volta la settimana", ma, avere tra le mani la prova di quel supplizio, era per me terrificante. Padre Pio aveva vissuto e sofferto tutti i dolori di Gesù. Sudore e lagrime di sangue, flagellazione, ferite alle mani e al costato, coronazione di spine. Per associazione di idee mi ricordai che ero stato testimone anche di quest'ultimo evento, non taciuto da Padre Pio stesso ai suoi direttori spirituali (Epistolario I, 669). “

 

Gennaio 1945: Coronazione di spine

“Nel gennaio del 1945, seguendo la messa di Padre Pio al lato dell'altare, i miei occhi si posarono sulla fronte e dietro la nuca del celebrante. Notai che la sua carne, in quel punto, sembrava come intrecciata e sulla fronte presentava dei foruncoletti simili a punture di spine. Spesso poi Padre Pio portava il dito medio della mano destra alle tempie e faceva dei gesti come se volesse sollevare qualcosa che gli stava dando fastidio. Notai, infine, conficcata nella sua fronte, una piccola croce di circa tre centimetri. (Frà Modestino da Pietrelcina, Io...testimone del Padre, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, V edizione, 2001, pag. 75-8)

 

Maria Pompilio: bollicine rosse e appuntite in prossimità della fronte. Maria Pompilio scrisse nelle sue memorie che una mattina, mentre si trovava vicino al Padre, notò fra i suoi capelli, in prossimità della fronte, alcune bollicine rosse ed appuntite come sproni, ma quando fece per toccarle, il Padre, voltandosi con tanta calma le disse: "Lascia stare. Non guastare l'opera di Dio." (Marianna Iafelice, in Voce di Padre Pio, Settembre 2011, pag. 58)

 

  Coronazione di spine

 

 

Una sera del 1947: Salita al Calvario carico della Croce (piaga sulla spalla destra)

"Un'altra sconcertante scoperta avrei dovuto fare.

 

Quando fu la volta delle maglie, mi venne alla mente che una sera del 1947, davanti alla cella n. 5, Padre Pio mi confidò che uno dei suoi più grandi dolori era quello che provava quando si cambiava la maglia.

 

Io pensavo che questo fosse causato dalla piega sul costato. Il 4 febbraio 1971 però dovetti cambiare opinione allorché' osservando con piu' attenzione una maglia di lana da lui usata, notai sopra di essa, all'altezza della clavicola destra, una traccia indelebile di sangue. Si trattava del segno evidente di un'ecchimosi circolare di circa dieci centimetri di diametro, all'inizio della spalla destra, vicino alla clavicola.

 

Avevo letto in qualche libro una preghiera in onore della piaga sulla spalla destra di nostro Signore, apertaGli dal legno durissimo della croce che, scoprendoGli tre sacratissime ossa, Gli avevano procurato acerbissimo dolore.

 

Se in Padre Pio si erano ripetuti tutti i dolori della passione, non era da escludere che egli avesse sofferto anche quelli provocati dalla piaga alla spalla. Quella lesione aveva determinato un profondo ematoma e una fuoriuscita di liquido ematico sulla spalla destra, con secrezione sierosa. Ecco quindi, sulla maglia un alone sfocato con al centro la macchia scura del sangue assorbito.

 

Quella notte prima di addormentarmi pregai Padre Pio di darmi un segno. All'una e cinque un improvviso acuto dolore alla spalla mi fece svegliare. Era come se un coltello mi avesse scarnito la clavicola. Contemporaneamente sentii una voce che diceva: "Così ho sofferto io." Un intenso profumo mi avvolse e riempì tutta la mia cella.  (Frà Modestino da Pietrelcina, Io...testimone del Padre, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, V edizione, 2001, pag. 83-5)

 

 



 

10 ottobre 1915: Coronazione di Spine e Flagellazione

Lettera del 10 ottobre 1915, di Padre Pio a Padre Agostino in risposta ad una sua richiesta sotto obbedienza, che chiedeva “se il Signore l’abbia fatto provare , e quante volte, la sua coronazione di spine e la sua flagellazione”. “La risposta e’ affermativa; circa il numero non saprei determinarlo, solo quello che valgo a dirne e’ che quest’anima sono vari anni che ciò patisce e quasi una volta per settimana.” (Epistolario I, 669)

Prof. Enrico Medi:

"Mi sembra che non ci sia stato nessun santo, nella storia della Chiesa, a cui Cristo abbia chiesto tanto sangue come a Padre Pio." (Gennaro Preziuso, Padre Pio un martire, Editrice Sveva, pag. 57


 

 

 

 

Settembre 1947: Barbara Ward

Per il nuovo ospedale giunse una cospicua donazione dell’UNRRA per merito di Barbara Ward, una giornalista inglese, in Italia per un servizio sul dopoguerra nei paesi europei.

Barbara era cattolica, ma il suo fidanzato, il comandante Robert Jackson, australiano, era protestante. A Londra, un suo amico di Roma, il marchese Bernardo Patrizi, le parlò di Padre Pio e lei espresse subito il desiderio di incontrarlo. Il marchese le promise di accompagnarla.

Sicché, nell’autunno del 1947, accompagnata dall’amico marchese, Barbara si recò a San Giovanni Rotondo, visitò il cantiere e si informò sui lavori e sull’entità dei fondi necessari.

Incontrato poi Padre Pio, gli chiese la grazia di far convertire il suo fidanzato al cattolicesimo. E Padre Pio: «Se il Signore vuole, si convertirà!». «Ma quando?». «Se Dio vuole, anche adesso». Sul momento rimase delusa, ma poi, tornata a Londra, seppe che il suo fidanzato, nel giorno e nell’ora in cui lei parlava con Padre Pio, si era convertito al cattolicesimo.

Barbara Ward rimase felicemente stupefatta. Pregò il fidanzato di recarsi subito da Padre Pio, ma aggiunse: «Bada però che lì stanno costruendo una Clinica e che hanno bisogno di 400 milioni». Jackson, che era consigliere delegato dell’UNRRA, si mostrò interessato e si recò subito a San Giovanni Rotondo, dove ebbe un incontro con Padre Pio, al quale espresse la propria gratitudine.

 

Colse anche l’occasione per sottoporre al suo benestare un proprio progetto: «Padre, so che avete bisogno di denaro; ebbene, se permettete di dare a questa clinica il nome di “Fiorello La Guardia”, io potrò venirvi incontro». (Preziuso 180-2)

 

 

A partire dal 1947 i giornali e le riviste assecondarono le giuste aspettative degli americani e parlavano sia di ospedale «Fiorello La Guardia», sia di «Casa Sollievo della Sofferenza». Un giornale lo chiamò addirittura con tutti e due i nomi: «Casa Sollievo delle Sofferenza Fiorello La Guardia».

Per costruire un ospedale grande e dotato di strumentazioni tecnicamente avanzate come quello concepito da Padre Pio, occorrevano molti più soldi dei duecentocinquanta milioni di lire dell’UNRRA arrivati a San Giovanni Rotondo. Tuttavia questa ingente somma di denaro diede un fortissimo impulso alla realizzazione del progetto di Padre Pio, che altrimenti sarebbe rimasto fermo sulla carta.

Dopo lo scetticismo iniziale, i giornali di tutto il mondo parlavano ormai della clinica in costruzione in una zona impervia del Gargano, pubblicavano fotografie e servizi, spingendo i lettori ad inviare un contributo in denaro per realizzare un sogno.

Le iniziative di beneficenza si moltiplicarono. Nel mese di giugno 1951 risultavano già spesi complessivamente 450 milioni di lire.

 

Cartolina postale raffigurante il frontale dell'ospedale. Da notare che vengono riportate due denominazioni: "Casa Sollievo della Sofferenza" e "Ospedale Fiorello La Guardia"

Giulio Giovanni Siena, Padre Pio e San Giovanni Rotondo, Due nomi per l'ospedale di Padre Pio, 10 febbraio 2009

http://www.padrepioesangiovannirotondo.it/piosgr/?p=114

 

 

 

26 dicembre 1947 Giuseppe Canaponi

 

Giuseppe Canaponi  di Sarteano, in Provincia di Siena, era operaio delle Ferrovie dello Stato, quando, a 32 anni, il 21 maggio 1945, mentre stava andando a lavoro sulla sua moto, venne investito da un camion.

 

Arriva in ospedale mezzo morto; fratture al cranio, alle costole, e ben cinque alla gamba sinistra.

 

Incomincia un lunghissimo calvario tra tanti ospedali, e riuscì a poter camminare lentamente con il sostegno.

 

Il 26 dicembre del 1947 si recò a San Giovanni Rotondo con la moglie Gilda e il figlio Augusto, di 10 anni. Si andò a confessare da Padre Pio.

 

Giuseppe così riporta:

 

"Mentre ero in ginocchio avvertii una scossa elettrica che mi diede sollievo e provoco' in me un grande benessere. Il Padre alzò gli occhi al cielo, mi diede l'assoluzione, e mi sentii benissimo.

 

Egli mi disse: "Prometti di mutar vita. Diversamente a che serve la grazia?"

 

"Promisi, baciai la mano, raccolsi la stampella ed il bastone e cominciai a camminare speditamente. Mia moglie, al vedermi guarito, mi venne incontro con il figlioletto e piangemmo commossi.

 

Tornammo all'albergo, poi tornammo a ringraziare Padre Pio che ci disse: "Non l'ho fatto io la grazia. L'ha fatta il Signore. Ringraziate Lui."

 

Quando tornai a casa il 31 dicembre trovai una lettera di licenziamento da parte delle Ferrovie dello Stato per inabilità al lavoro."

 

Canaponi mori' nel 1973 a settant'anni. Due mesi prima di morire Padre Paolo Covino incontrò Giuseppe Canaponi nella sacrestia a san Giovanni Rotondo e si fece ripetere da lui la storia della sua guarigione. 

 

Quando raccontava la sua storia Giuseppe Canaponi ripetera' tante volte: "Sono una sfida vivente alle leggi fisiche." "I medici vedono le lastre col ginocchio fuori posto, il femore storto con tessuto calloso intorno alla rotula del ginocchio, e rimangono sbalorditi che io cammino speditamente. Ecco perche' mi ritengo un morto ambulante." (Covino, Ricordi, 247-9) (Socci, il Segreto, dopo nota 232)  (Ingoldsby, Padre Pio, 93-4) (Cataneo, Padre Pio, 114-5)

 

Giuseppe Canaponi con Padre Pio, Padre Alessio e fratel Joseph Martin


Canaponi aggiusta la stola di Padre Pio


Giuseppe Canaponi con la moglie e il figlio
 

 

A 61 anni: 1948


1948: recite di beneficenza
Per finanziare i lavori del nuovo ospedale furono organizzate anche lotterie, pesche di beneficenza e recite di sacre rappresentazioni diverse volte all'anno.

 
Padre Pio assisteva alle recite su soggetto religioso allestite nella Casa Sollievo. Erano come feste di famiglia e anche opportunità di raccogliere fondi per l'ospedale.

Erano occasioni di gioia e serenità, che abitualmente avvenivano nella ricorrenza degli anniversari di Padre Pio.

    
Padre Pio tra la folla degli spettatori

 
Padre Pio interessato al recita, con dei bambini.

 
Dopo una delle recite Padre Pio si congratula con Cleonice Morcaldi (guarda Padre Pio),
Olga Iezzi (guarda il fotografo), e la signorina Tavoloni (bacia la mano)



Padre Pio e Padre Agostino immersi nella una scena di una sacra rappresentazione 

 
Questa volta la scena e' molto piu' allegra 


Maggio 1948: Padre Pio benedice la cava


Nel maggio 1948 Padre Pio è portato in auto a benedire i macchinari e la cava per la produzione di mattoni per l'ospedale, sotto la direzione di Angelo Lupi.

 
Don Peppino Orlando è in piedi dietro a Padre Pio.

  Padre Pio benedice la fabbrica di mattoni per l'ospedale. nel maggio 1948.
Si vedono Padre Bernardo e Padre Agostino, il dr. Kiswarday, Cleonice Morcaldi e altri figli spirituali.





21 giugno 1948: Robert Jackson


Robert Jackson entrò subito in azione e riuscì a far deliberare dall’UNRRA, in memoria di Fiorello La Guardia, e in data 21 giugno 1948, un finanziamento di 400 milioni di lire per l’opera di Padre Pio.

Fiorello La Guardia, nativo di Foggia, era stato sindaco di New York e Presidente dell’UNRRA. L’assegnazione fu notificata al Capo del Governo Italiano, De Gasperi, il quale, ignaro di tutto, si rivolse alla competenza del Prefetto di Foggia. Questi, anche lui ignaro di tutto, affidò al Medico Provinciale l’incarico di recarsi a San Giovanni Rotondo per i necessari accertamenti.

E così venne rilevato che era stata costruita una clinica senza l’autorizzazione degli organi competenti. Sorsero pesanti difficoltà amministrative. Ma il Medico Provinciale promise il suo appoggio e chiese l’immediato invio del progetto, che egli avrebbe provveduto a trasmettere a Roma per la necessaria approvazione.

Il tutto venne risolto dopo circa sei mesi di battaglie burocratiche. Ma, del finanziamento di 400 milioni deliberato dall’UNRRA, giunsero alla Casa Sollievo soltanto 250 milioni. Il resto fu trattenuto dal Governo. Si dice che Padre Pio parlò di «furto legale».


 I devoti ammiratori di Padre Pio vennero coinvolti in una gara di generosità. Mario Gambino, un operaio italo-americano, spedì 5 dollari, e, subito dopo, altri 10: un dollaro per ciascuno dei suoi 10 figli. Un obolo questo che consentì di costituire il «Fondo Mario Gambino», fondo che, come scrisse il dottor Sanguinetti, «sarà quello che ci permetterà di assistere tutti i malati poveri che faranno appello alla carità di questa nostra Opera, che di carità è fatta, alla carità si ispira, nella carità ha la sua ragione di esistere». Infatti, per tanto tempo, il «Fondo Mario Gambino» diede la possibilità ai poveri non assistiti da mutua di essere cu-rati nella Casa Sollievo della Sofferenza27.(Chiocchi, 30-1)

Settembre 1948
L’estate del 1948 sarà anche ricordata per una serie di forti scosse di terremoto avvenute tra il 18 e il 21 agosto, seguite da un interminabile sciame sismico, che hanno interessato il Gargano e parte della Capitanata lesionando gravemente molte abitazioni. In tanti ci siamo adattati a dormire all’aperto, sotto le tende o altri ricoveri improvvisati, per timore di restare intrappolati sotto le macerie. Anche Padre Pio ha deciso come altri confratelli di passare le notti nell’orto del Convento, riparato da una semplice coperta, forse per condividere con noi il disagio di dormire all’addiaccio. Mi ha confessato che ciò che gli dava più fastidio era il prurito provocato dalla polvere e dalle pagliuzze che il vento gli infilava nella barba. E ce ne è voluto per convincerlo a fargli trascorrere le ore della notte nell’ambulanza, quella stessa donata l’anno prima dal governo americano. Ogni volta che la terra ha sussultato ci siamo rivolti a lui preoccupati per sapere quando tutto questo sarebbe terminato. «Non moriremo sotto le macerie» ha continuato a ripeterci cercando di tranquillizzarci. Con questa riposta si è preso inoltre la responsabilità di far rientrare in casa un’anziana coppia di Foggia che non sapeva se abbandonare per qualche tempo la città per trasferirsi in campagna. (Settembre 1948)

Siena, Giovanni (2013-07-24). Il mio amico Padre Pio (Di tutto di più) (Italian Edition) (Kindle Locations 491-494). Rizzoli. Kindle Edition.

 

Novembe 1948: Mario Gambino

Nel mese di novembre 1948 la vedova di Fiorello La Gardia parlò per radio a favore del nascente ospedale «Fiorello La Guardia» di San Giovanni Rotondo.

Tra gli ascoltatori c’era il sessantacinquenne Mario Gambino, inserviente addetto alle pulizie della fornace dell’impianto di riscaldamento dell’Unter College di New York.

Non sapendo come fare arrivare un’offerta, avvicinò il Prof. Vittorio Ceroni, direttore del College, e gli disse:

«Professore, ha sentito il discorso della Signora La Guardia alla Radio? Io voglio mandare a quell’ospedale cinque dollari per i miei fratelli che soffrono più di me».

E gli consegnò i cinque dollari.

Il prof. Ceroni spedì il denaro in Italia descrivendo il Signor Gambino come «bravo, onesto lavoratore italo-americano, padre di numerosa famiglia, che crede nella religione del dovere, del lavoro e dell’amore fraterno…».

La commovente storia dei cinque dollari, spinse l’amministrazione del nascente ospedale a istituire il Fondo «Mario Gambino», finalizzato a dare soccorso e conforto agli ammalati poveri.

Successivamente Gambino mandò altri dieci dollari, uno per ogni figlio, consegnati nelle mani di George Shuster, Presidente dell’Hunter College. E poi ancora altri dollari, raccolti tra i conoscenti. (Giulio Giovanni Siena, Fondo Mario Gambino)

 
23 dicembre 1948: Attilio de Sanctis

L’angelo di Attilio de Sanctis guida la sua auto mentre lui è addormentato.

Attilio de Sanctis, avvocato esemplare, raccontò un fatto che gli era capitato personalmente:

 

“Il 23 dicembre del 1948 dovevo andare da Fano a Bologna con mia moglie e due dei miei figli (Guido e Gianluigi) per andare a prendere il terzo figlio, Luciano, che studiava al collegio Pascoli di Bologna. Partimmo alle sei della mattina, ma, poiché non avevo dormito bene, ero in cattive condizioni fisiche.

 

 Guidai fino a Forlì, poi cedetti il volante a mio figlio Guido. Una volta recuperato Luciano dal collegio, ci fermammo un po’ a Bologna e decidemmo di tornare a Fano. Alle due di pomeriggio, dopo aver ceduto il volante a Guido, volli guidare ancora. Una volta passata la zona di San Lorenzo, notai in me una stanchezza più grande.

 

Varie volte chiusi gli occhi e mi assopii. Volevo lasciare il volante a Guido, ma si era addormentato. Dopo non ricordo nulla. A un certo punto recuperai bruscamente la coscienza a causa del rumore di un’altra macchina. Guardai e vidi che mancavano solo due chilometri per arrivare a Imola. Cos’era successo? I miei stavano chiacchierando tranquillamente. Gli spiegai cos’era successo, ma non mi credettero.

 

Potevano credere che la macchina era andata da sola? Poi ammisero che ero stato immobile per molto tempo e non avevo risposto alle loro domande, né ero intervenuto nella conversazione. Fatto il calcolo, il mio sonno al volante era durato il tempo impiegato a percorrere circa 27 chilometri.

 

Dopo un paio di mesi, il 20 febbraio del 1950, tornai a San Giovanni Rotondo e chiesi una spiegazione a Padre Pio che mi rispose: "Tu dormivi e il tuo angelo ti guidava la macchina. Sì, tu dormivi e il tuo angelo ti guidava la macchina". (Giovanni Siena, Il mio amico Padre Pio, diario di trent'anni vissuti accanto al santo di Pietrelcina, Rizzoli Editore, Milano 2013, pp. 127-9) (Peña, Padre Ángel, O.A.R.,  San Pio da Pietrelcina e il suo angelo custode, Parroquia de la caridad,  Lima, Peru', pag. 39) 

 

A 62 anni: 1949

1949: Il Cardinal Jòzsef Mindszenty visitato da Padre Pio in carcere in Ungheria

Il cardinale Mindszenty era stato incarcerato nel dicembre 1948 dalle autorità comuniste ungheresi e condannato all’ergastolo l’anno successivo dopo un processo farsa che lo accusava di cospirazione contro il governo. Per otto anni rimase in carcere e agli arresti domiciliari, venne liberato durante l’insurrezione popolare del 1956, quindi si rifugiò nell’ambasciata statunitense di Budapest dove rimase fino al 1973, quando Paolo VI lo sollevò dalla guida della diocesi.

Proprio negli anni più duri trascorsi in carcere sarebbe avvenuto l’episodio di bilocazione che avrebbe portato Padre Pio a portare conforto al porporato.

A testimoniarlo davanti ai giudici del processo di beatificazione del frate è uno degli uomini che gli furono più vicini, Angelo Battisti, amministratore della Casa Sollievo della Sofferenza nonché dattilografo della Segreteria di Stato vaticana.

 «Il Cappuccino stigmatizzato, mentre è a San Giovanni Rotondo, si reca da lui per portargli il pane e il vino, destinati a diventare corpo e sangue di Cristo, cioè realtà dell’ottavo giorno; in questo caso la bilocazione acquista ancora di più il significato di anticipazione dell’ottavo giorno, cioè della resurrezione, quando il corpo viene liberato dai limiti di spazio e tempo; simbolico è, quindi, il numero di matricola sul pigiama del detenuto: il 1956 è l’anno della liberazione del porporato».

«Come è noto – ha raccontato Battisti nella sua testimonianza agli atti del processo canonico – il cardinale Mindszenty fu arrestato e messo in carcere e guardato a vista. Col passare del tempo si faceva vivissimo il desiderio di poter celebrare la santa messa. Una mattina gli si presenta Padre Pio con tutto l’occorrente. Il cardinale celebra la sua santa messa e Padre Pio gliela serve: poi parlarono e alla fine Padre Pio scompare con quanto aveva portato.

Un sacerdote venuto da Budapest, incontrandomi, mi confidò riservatamente il fatto, pregandomi se potevo avere una conferma dal Padre. Gli risposi che se avessi chiesto una cosa del genere Padre Pio mi avrebbe cacciato a male parole».

Ma una sera del marzo del 1965 Battisti al termine di un colloquio, dice al frate stimmatizzato: «Padre, il cardinale Mindszenty ha riconosciuto Padre Pio?». Dopo una prima reazione contrariata, il santo del Gargano risponde: «Che diamine, ci siamo visti e ci siamo parlati, vuoi che non mi abbia riconosciuto?». Confermando così la bilocazione in carcere avvenuta anni prima.

«Poi – aggiunge Battisti – si fece mesto e soggiunse: “Il diavolo è brutto, ma lo avevano ridotto più brutto del diavolo!”. Il che sta a dimostrare che il Padre lo aveva fin dall’inizio del suo arresto soccorso, perché non si può umanamente concepire come il cardinale avesse potuto resistere a tutti i patimenti ai quali è stato sottoposto e che lui descrive nelle sue memorie.

Il Padre concluse: “Ricordati di pregare per questo grande confessore della fede, che ha tanto sofferto per la Chiesa”». (Dal sito amicidipadrepio. it)

 

    

Il Cardinal Jòzsef Mindszenty

 

Settimana Santa 1959

In una lettera circolare dell'aprile 1949, mandata a Detroit, Padre Dominic Meyer descriveva le funzioni della settimana santa nel convento.
"Giovedì santo dicevamo le Ore (del breviario) alle 7:30. Erano finite in meno di mezz'ora. Poi tutti i frati si mettevano al confessionale fino alle 10:30, quando cominciava la messa. Padre Agostino, il guardiano, era il celebrante, Padre Pio faceva da diacono e don Giorgio Pogany faceva da suddiacono. Anche se Padre Agostino e Padre Pio distribuivano entrambi la Santa Comunione, ci volle molto tempo. Terminammo verso le 12:30 e facemmo pranzo all'una, che praticamente era colazione e pranzo allo stesso tempo.
Venerdì Santo Padre Pio fece da celebrante. Penso che voi abbiate lo stesso mio pensiero che nessuno è più adatto di Padre Pio per le cerimonie liturgiche di quel grande giorno.
Sabato Santo le funzioni cominciarono alle 8:20 e finimmo per le 11:30. Il padre guardiano faceva da celebrante. Ci volle più di un'ora per distribuire la Santa Comunione. Dopo la Messa ci scambiammo l'un l'altro gli auguri di Buona Pasqua. (Ruffin 277)


24 giugno 1949 Festa Patronale di San Giovanni Battista a San Giovanni Rotondo

Nella lettera circolare del luglio 1949, mandata a Detroit, Padre Dominic Meyer descriveva La festa del Patrono di San Giovanni Rotondo, San Giovanni Battista. (Ruffin, 277-8)
Alla festa del Patrono, nel 1949,"I cappuccini mandarono diversi frati alla grande processione che incomincia alle 6.00 di sera, partendo dalla chiesa madre di San Giovanni Battista. La processione consisteva nel portare su baldacchini, attraveso il paese, più di venti statue di San Giovanni Battista e di altre figure bibliche. Stranamente, non c'era una statua di Gesù, dato che san Giovanni Battista aveva il posto d'onore. Le statue erano tutte ad altezza d'uomo. Quella di San Giovanni Battista uscì per ultima, al posto d'onore. La processione cominciò accompagnata dal suono delle campane e dallo sparo dei fuochi d'artificio . Difronte alla statua di San Giovanni c'erano sei o sette ragazzini rappresentanti San Giovanni, vestiti con una pelle di pecora e poco altro, a piedi nudi, portando una croce e un nastro con la scritta "Ecce Agus Dei." Nella processione c'erano anche altri ragazzini vestiti come vescovi, con mitria e piviale. Delle bambine erano vestite da angeli e spargevano petali difronte alla statua.
Dietro la statua camminava il clero del paese, i cappuccini, e altri religiosi. Poi veniva la banda che suonava marce. Nell'intervanno delle marce i preti cantavano il Benedictus in canto gregoriano. La gente gettava fiori e confetti dai balconi. Ogni tanto si sparavano dei fuochi d'artificio. Non dovevano essere piccole cose perchè facevano un rumore terribile, da rompere i timpani. La piazza sembrava un circo, le strade principali sembrava un mercatino all'aperto, con stand d'appertutto, che vendevano vestiti, dolciumi, scarpe, giocattoli, e così via. Tutto il paese era in strada. La processione finiva verso le 9:30, 10:00, ma la festa continuava fin dopo mezzanotte."


 
Fiorello La Guardia

Inizialmente, durante i lavori ancora in corso, l’opera di Padre Pio venne denominata Ospedale Fiorello La Guardia.


Ma il cartellone con questa scritta, posto sul frontale dell’Ospedale, fece una fugace apparizione soltanto nel 1949. Poi venne rimosso.

Il nome di Fiorello La Guardia rimase però impresso in una lapide. (Chiocchi - Cirri, II, 28-30)
 
     
8 luglio 1949. Padre Pio benedice un gregge di pecore davanti alla porta d'ingresso all'orto del convento
 

2 settembre 1949 la costruzione della Casa Sollievo raggiunse in primo piano. Padre Pio benedisse la costruzione circondato dall'Arcivescovo di Manfredonia, ed autorità italiane e americane. Un cartello fu scoperto di ringraziamento a Fiorella La Guardia.
Come sempre una grande folla era presente all'evento.

 
Fiorello La Guardia era stato sindaco di New York City


Per qualche mese l'ospedale ebbe due nomi: Casa Sollievo e Fiorello La Guardia



Il 7 settembre 1949 il Consigliere Delegato dell'ospedale versa acqua benedetta sulla prima trave del tetto.
 
 
 
11 dicembre 1949: Genoveffa de Troia

E' già in Paradiso. Genoveffa de Troia, ora Venerabile, morì a Foggia nel 1949 dopo 44 anni di feroci sofferenze. Padre Paolo Covino riporta: "Subito dopo la morte di Genoveffa Padre Pio mi disse: "E' già in Paradiso!" ( Padre Paolo Covino, ofm. Cap.,  Ricordi e Testimonianze, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, IV edizione, 2007, pagg.109-110) 

           
Genoveffa de Troia
 
Natale 1949
In una lettera del 26 gennaio 1950 di Padre Dominic Meyer a suo cugino il cardinale Albert Gregory Meyer, arcivescovo di Chicago, descrive la vigilia e il giorno di Natale 1950.
La vigilia di Natale la comunità andò a letto alle 8 e la sveglia fu alle 10:30. Poi alle 11 recitammo il Mattino (dal breviario), con solennità. Gli inni e le letture furono cantate, i salmi furono recitati. Le tre letture furono cantate dal suddiacono, il diacono e il celebrante della messa di mezzanotte, rispettivamente. Padre Pio celebrò la messa di mezzanotte (1949)... Così, dopo che Padre Pio recitò la terza lettura, una statuetta del Bambino Gesù fu posta sull'ambone, e Padre Pio, dopo averla incensata, intonò il Te Deum. Poi tutti andammo in processione portando in mano una candela accesa... Poi il Bambinello fu posto nella culla e deposto sull'altare laterale. Poi cominciò la messa  di mezzanotte. Ci furono moltissime comunioni. La schola cantotum femminile cantò durante la messa. Durante la comunione cantarono canzoni natalizie italiane. L'ultima fu - non ci crederai - Silent Night, in una versione in italiano!. Dopo la messa noi frati recitammo le Lodi dal breviario. Io andai a letto alle 2:30. Padre Pio disse altre due messa immediatamente dopo la messa di mezzanotte. Egli andò a letto alle 5 del mattino. Alle 10 stava già nel confessionale."
 
Padre Clemente da Milwaukee. Padre Clement Neuerbauer 65° ministro generale (1946-1952) e 67° (1958-1964). Nato 1 agosto 1891, morto 20 luglio 1969. Sepolto nel capuchin cemetery Mount Calvary Fond du Lac county, Wisconsin, USA.
 
Padre Dominic Alojsius Meyer (1892-1966). Cugino del card. Albert Meyer, arcivescovo di Milwaukee e poi di Chicago. Studiò e si laureò in teologia alla gregoriana. Nel novembre del 1948 Padre Clemente lo mandò a San Giovanni Rotondo per fare da segretario a Padre Pio per l'inglese e il tedesco. Alto più di 1 metro e 80 cm, era magro ed emaciato, di poche parole, raramente mostrava qualche segno di emozione. Beveva e mangiava così poco che Padre Pio lo doveva incoraggiare a mangiare di più. I suoi amici frati in America, quando seppere dell'incario che Padre Dominic aveva ricevuto, dissero: "Bene! Se Padre Pio non è ancora santo, lo diventerà!" (Ruffin 275)
 
Mons. Albert Gregory Meyer, nato a Milwaukee, fu cardinale arcivescovo di Chicago dal 1958 al 1965. Morì a 62 anni. Era cugino di Padre Dominic Meyer.
 
 

Cardinal Albert Gregory Meyer



Padre Dominic Alojsius Meyer



Padre Clemente da Milwaukee

 

A 63 anni: 1950
Prima del 1950 quando furono istituite le prenotazioni per le confessioni:

  Uomini in fila per confessarsi parlano con Padre Pio prima di cominciare. Padre Pio confessava fino a 19 ore al giorno quando le forze glielo permettevano.

  Uomini aspettano in fila per confessarsi da Padre Pio


   Dietro la tendina c'è l'inginocchiatoio per la confessione degli uomini.


6 gennaio 1950 Iniziano le prenotazioni per la confessione
         


Confessione delle donne


Padre Pio ha appena finito di confessare l'ultima donna nella lista delle prenotazioni e si approccia a lasciare la chiesa
 
Nell’autunno del 1950:
Barbara Ward tornò a San Giovanni Rotondo assieme al marito, mister Jackson. Rimase piacevolmente sorpresa nel vedere, su una vetrata della cappella dell’Ospedale, il volto della Vergine effigiato con i suoi lineamenti. Iniziativa questa di Lupi. Tutti ormai la consideravano la madrina del-l’Ospedale26. (Gerardo, il Beato, pag. 52-3)

 

Fine del 1950: L’angelo di Padre Pio porta telegramma e fiori a Barbara Ward.

Barbara Ward, che anni prima aveva procurato i fondi per la costruzione di Casa Sollievo,  si trovava nel "St. Georgès Hospital in Londra, per essere operata di multiple cisti ovariche. 

 

Bernardo Patrizi, appena seppe della sua condizione di salute, la visitò in ospedale, quindi uscì dall'ospedale e si recò all'ufficio postale di Buckingham Palace Road, e mandò un telegramma a Padre Pio: "Barbara ammalata. Richiede urgentemente vostre preghiere."

 

Quando egli ritornò all'ospedale la signorina all'ingresso gli chiese se per caso andava su dalla signora Barbara e se le poteva portare dei fiori e un telegramma che erano appena arrivati. Il telegramma veniva da Padre Pio. Diceva: "Mi dispiace della vostra malattia. Siate assicurata delle mie preghiere."

 

La prossima volta che Bernardo Patrizi tornò a San Giovanni Rotondo, disse a Padre Pio che Barbara era guarita e lo ringraziava per le sue preghiere. Poi gli chiese dei fiori e del telegramma.

 

Padre Pio: "Oh! I telegrammi! Gli angeli custodi sono più veloci, e costano tanto di meno!" (Jim Gallagher, Padre Pio the Pierced Priest A Biography, Fount Paperbacks, London, 1995, pag.165)

Barbara Ward era guarita dal cancro verso la fine degli anni 40 e lei attribuiva la guarigione al suo rapporto spirituale con Padre Pio. (Wikipedia lingua inglese: Barbara Ward)

 

 

 

29 aprile 1950: Maria Rosaria Galiano.

 

Maria Rosaria Galiano di Napoli stava in fin di vita a causa di un adenocarcinoma uterino. L'operazione chirurgica portò un rilievo temporaneo, e il tumore ricomparve. La figlia Rita mando' un telegramma a Padre Pio. Il 29 aprile 1950 Maria sentì un intenso profumo che rimase per due giorni consecutivi. Il terzo giorno si sentì guarita. I medici fecero dei test e constatarono che il tumore era completamente sparito. Maria andò a ringraziare Padre Pio e riprese la sua vita normale. (Cataneo, Padre Pio, 127-9) (Pascal Cataneo, Padre Pio gleanings, Editions Paulines, Quebec Canada, 1991, pagg 127-9. Prima edizione “I fioretti di Padre Pio”, Edizioni Dehoniane, Roma, 1988)

25 maggio 1950: Matteo Ricciardi e le elezioni comunali a San Giovanni Rotondo

Matteo Ricciardi, tassista di San Giovanni Rotondo era abituato a dire : "Sono l'unico tassista al mondo ad avere accompagnato un santo.

 

Matteo accompagnò Padre Pio a votare nelle elezioni politiche del 23 maggio 1954.

 

Matteo raccontava che dopo aver fatto il militare, quando tornò non aveva un posto di lavoro. Si recò da Padre Pio.

 

"Era il 4 ottobre 1950 alla fine della confessione Padre Pio mi disse: "Fatti una macchina e porta le persone."

 

Mi comprai una fiat 1440 targata FG9345 e iniziò così la mia carriera da tassista, grazie al consiglio del mio amico Padre Pio."

 

"Un altro giorno che ricordo come se fosse ieri, era il 23 maggio 1954, era il giorno delle elezioni comunali.

 

Fui io ad accompagnare Padre Pio alla scuola elementare dove doveva andare a votare. Nel tragitto venimmo assaliti dai fedeli, eravamo scortati dal carabinieri, tutti volevano avvicinare il frate. Solo io avevo l'onore di potergli stare al fianco... d'altronde lui aveva deciso della mia vita".

(Alice, Dino, Matteo Ricciardi l'autista amico di Padre Pio, Pellegrino di Padre Pio, 3 luglio 2012) 

     

Matteo Ricciardi
 

21 giugno 1950: lettera "C" di Casa Sollievo della Sofferenza

Molte offerte arrivarono dall’estero, soprattutto dalla Svizzera e, ancora una volta, dagli Stati Uniti d’America. Ci furono una miriade di altre offerte, grandi e piccole, talvolta insignificanti dal punto di vista economico, ma ugualmente importanti agli occhi di Dio. In pochissimi anni la raccolta di fondi superò il miliardo di lire.

Grazie a questa offerte, l’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, iniziato con i fondi dell’UNRA, potè essere completato ed inaugurato il il 5 maggio 1956.

A questo punto l’intitolazione dell’ospedale a Fiorello la Guardia avrebbe oscurato i meriti di una miriade di benefattori.

Quando il 21 giugno 1950 il dott. Guglielmo Sanguinetti, munito di martello e scalpello, ebbe assestato il primo colpo sulla lettera C della scritta abbozzata sulla facciata superiore dell’ospedale, fu chiaro a tutti che l’Ospedale si sarebbe chiamato «Casa Sollievo della Sofferenza». Ora, alla luce di quanto detto, si capisce che quella era stata la scelta giusta.


Il 21 giugno 1950 il dr. Guglielmo Sanguinetti scolpisce simbolicamente sulla facciata dell'ospedale la lettera C di CASA SOLLIEVO
 
15 luglio 1950

Questo è un assegno messo da qualcuno su eBay alcuni anni fa. Chissà come se l'è procurato. Le foto furono prese da ebay.
Una certa Angelina Benjert di Milwaukee, Wisconsin, mandò un'offerta di 10 dollari. L'assegno fece apparentemente un lunghissimo viaggio prima di giungere al convento di San Giovanni Rotondo. La firma di Padre Pio pare proprio che sia autentica.

         



1 ottobre 1950: Fra Giovanni Sammarone da Trivento
Fra Giovanni diede questa testimonianza a Padre Bonaventura, riguardo a Maria Pyle: “Io non mi nutrivo quasi piu' e il povero cuoco del convento non aveva tempo per prepararmi qualcosa di speciale. Allora ci penso' la cara signorina Maria Pyle. Dai primi del mese di ottobre fino a tutto il mese di gennaio 1951, ogni giorno mandava in convento, per me, minestrine adatte e delicate, che mangiandone, io potessi ristabilirmi un poco, come in effetti avvenne. E mi ristabilii. Il merito va senza dubbio alla carità e alle premurose attenzioni della mai abbastanza compianta signorina Maria Pyle." (Padre Bonaventura Massa, Maria Pyle, Una avventura meravigliosa alla scuola di Padre Pio, Convento Santa Maria delle Grazie, San Giovanni Rotondo, 1980, pag. 81-2)
 

Padre Pio a fra Giovanni: “Per te era stata scritta la sentenza di morte, io però l’ho strappata dalle mani di Dio.”

Fra Giovanni Sammarone da Trivento andò a San Giovanni Rotondo il 9 novembre 1948 con l’incarico di cuciniere.

 

Nel 1950 cominciò a sentirsi male, con febbre alta e frequenti abbondanti sbocchi di sangue. Egli racconta: “Mi fu diagnosticata una grave forma di tubercolosi.

 

Il dr. Sanguinetti mi disse chiaro chiaro: “Fra Giovanni, tu hai i giorni contati. Preparati per l’incontro con Dio.” Lo dissi a Padre Pio, che mi disse: “Lascia stare i medici, perchè non capiscono niente.”

 

Fui mandato dai miei superiori ad Arco di Trento in un sanatorio per il clero. Prima di partire, Padre Pio mi disse: “Il Signore ti assisterà e vedrai che tornerai ciotto ciotto.”

 

Rimasi ad Arco per circa due anni. Ero partito che pesavo 54 chili, al rientro invece la bilancia ne segnava 82.

 

Tornai a San Giovanni Rotondo e Padre Pio contento mi disse: “Adesso te lo debbo dire, perchè lo devi sapere. In effetti, per te, umanamente parlando, non c’era più niente da fare. Anzi era stata scritta la sentenza di morte, io però l’ho strappata dalle mani di Dio. Ma tu neppure immagini quale prezzo mi sei costato. Perciò. Mi raccomando, non fare più sciocchezze. Riguardati bene perché, se ricadi malato, da me non venire più, perché non sono disposto a soffrire quello che ho sofferto: ho versato tanto sangue per te!”

 

Fra Giovanni fece questa dichiarazione a Larino il 9 settembre 1986. Egli morì il 30 aprile 2001. (P. Marcellino Iasenzaniro, Padre Pio profilo di un Santo II volume Carità e Prove, sostenute nella speranza, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, 2010, pag. 88-92)

 
   
1950: Terziarie Francescane
 
 
Ottobre 1950

Nella lettera del 28 ottobre 1950 di Padre Dominic Meyer a suo cugino Mons. Albert Gregory Meyer, arcivescovo di Chicago, notava che ogni giorno arrivavano tanti autobue e tanti carretti. E scriveva: "Durante le scorse 3 settimane c'erano qui sette vescovi dal Brasile, Venezuela, Colombia, India, Nicaragua, Islanda e Svizzera. L'altro giorno venne un abissino alto forse 1:85, nero come un asso di spade, che celebrò in rito copto. C'erano anche tanti preti, da molte nazioni."(Ruffin, 278)

 

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