Capitolo 9: Da 40 a 46 anni

 

 

A 40 anni: 1927
 
Il 23 marzo 1927 il card. Donato Sbarretti, prefetto della Congregazione del Concilio, nominò una commissione di inchiesta per indagare l'attivita del sacerdote di San Giovanni Rotondo don Domenico Palladino.

Mons. Felice Bevilacqua fu nominato visitatore apostolico. Egli scelse come coadiutore laico il signor Emanuele Brunatto e come attuario segretario Padre Alfredo Quattrino con il compito di redigere verbali e autenticare documenti.

Il visitatore prese alloggio nella casa di Maria Pyle, e l'inchiesta durò fino al novembre del 1927. Molte persone furono interrogate. Padre Pio fu nominato varie volte ma mai interrogato. Mons. Bevilacqua consegnò la sua relazione nella primavera dell'anno seguente.

Conseguenza pratica di detta relazione fu la sospensione a divinis e l'allontanamento da San Giovanni Rotondo di don Domenico Palladino. (Mischitelli, 488-90)

Cardinal Donato Sbarretti


1927: Mario Serritelli e Padre Pio leggono

 
 
 

 

A 41 anni: 1928
 
Maggio 1928: Mons. Gagliardi

Nel mese di maggio del 1928 il Santo Offizio, guidato da Mons. Carlo Perosi, poi cardinale,  ordinò una visita apostolica a carico dell'arcivescovo di Manfredonia, Mons. Pasquale Gagliardi.

Tale compito fu affidato a mons. Giuseppe Bruno, funzionario della Congregazione del Concilio.

Mons. Bruno raccolse le testimonianze dei preti della archidiocesi.

Il risultato di tale visita ispettiva fu la proposta dell'allontanamento di mons. Gagliardi dalla archidiocesi di Manfredonia, che avverrà per dimissioni volontarie, richieste dai cardinali della Congregazione del Concilio nel 1929. (Mischitelli, 494-5)

Palazzo del Sant'Offizio

 
Cad. Carlo Perosi, segretario del Sant'offizio nel 1928


 
Mons. Pasquale Gagliardi, arcivescovo di Manfredonia, sotto la cui giurisdizione di trova San Giovanni Rotondo
 
 

 
 

 

Novembre 1928: Federico Abresh

 

Katharina Tangari scrisse che Federico Abresch di Bologna ebbe una singolare conversione; in un'ampia relazione volle stendere egli stesso la sua storia, che a sua volta fu pubblicata da Del Fante nel suo libro "Per la Storia".

 

Riporta il testo integrale di questa relazione in quanto rappresenta un documento verace, che merita di essere conosciuto.

 

«Non intendo fare una esposizione completa di tutti i fatti successimi, perché avrei da scrivere un volume, ma fra i tanti ne sceglierò uno, cioè la mia conversione, che ritengo il miracolo più grande.

 

 

Quando nel novembre 1928 andai per la prima volta da Padre Pio, ero da pochi anni dal protestantesimo passato al cattolicesimo, e ciò feci per convenienza sociale. Non avevo fede, almeno oggi capisco che ero soltanto illuso d'averla. Cresciuto in una famiglia anticattolica per eccellenza, ed imbevuto di pregiudizi contro i dogmi, che una affrettata istruzione non poteva estirpare, ero però sempre avido delle cose segrete e misteriose.

 

Trovai un amico che m'introdusse nei misteri dello spiritismo. Stanco, però, ben presto anche di questi inconcludenti messaggi d'oltre tomba, mi portai con fervore nel campo occultistico, magie di tutti i colori ecc.

 

Feci poi la conoscenza di un signore che, con aria misteriosa, dichiarò di essere in possesso dell'unica verità: la "teosofia". Ben presto diventai suo discepolo, e sul comodino da notte andavano accumulandosi libri dai titoli i più lusinghieri ed attraenti. Maneggiai con sicurezza ed importanza le parole Reincarnazione, Logos, Brahma, Maja, aspettando sempre con ansia quel certo che di grande, di nuovo, che doveva pur avvenire.

 

Non so perché, ma credo più di tutto per accontentare mia moglie, continuai lo stesso, di quando in quando, ad accostarmi ai Santi Sacramenti, e questo era il mio stato d'animo, quando sentii parlare per la prima volta di quel Padre cappuccino che mi fu descritto come un Crocifisso vivente, operante miracoli continui.

 

Incuriosito da una parte, ma diffidente nello stesso tempo, perché il fatto avveniva in seno alla Chiesa cattolica, mi decisi ugualmente ad andare sul posto e vedere coi miei occhi.

 

Il primo incontro con Padre Pio mi lasciò un po' freddo, perché il Frate mi rivolse solo poche parole asciutte, mentre mi aspettavo un'accoglienza più affettuosa, se non altro come premio al sacrificio del lungo viaggio. Poco dopo m'inginocchiai al confessionale, al tribunale di Dio. Tralascio tutti i particolari e riassumo solo quello che ha il carattere del soprannaturale.

 

Padre Pio mi fece subito capire che nelle precedenti confessioni avevo taciuto alcune cose gravi e mi chiese se ero in buona fede: al che risposi ch'io ritenevo la confessione una buona istituzione sociale, educativa, ma non credevo affatto nella divinità del Sacramento.

 

Tuttavia già scosso dalle impressioni avute soggiunsi: Ora però, Padre, io credo.

 

Il Padre, intanto, con espressioni di grande dolore, mi diceva: Eresia! quindi tutte le sue Comunioni erano sacrileghe... bisogna fare la confessione generale, faccia l'esame di coscienza e ricordi quando si è confessato bene l'ultima volta. Gesù è stato più misericordioso con lei che con Giuda. Poi con occhio severo, guardando sopra la mia testa, con voce forte disse: "Sia lodato Gesù e Maria!" e se ne andò in chiesa per attendere alla confessione delle donne, mentre io restai in sagrestia profondamente commosso ed impressionato.

 

La mia testa era un turbine e non riuscivo a fermare i pensieri. Sentivo sempre nelle orecchie: "Ricordi quando si è confessato bene l'ultima volta".

 

A stento riuscii a prendere questa decisione: voglio dire che ero protestante e quantunque dopo l'abiura fossi stato ribattezzato (sub conditione) e quindi fossero stati cancellati per virtù del Santo Battesimo tutti i peccati della vita passata, tuttavia a mia tranquillità, volevo che la confessione cominciasse dall'infanzia.

 

Quando il Padre tornò al confessionale, mi ripeté la domanda: "Dunque, da quando si è confessato bene l'ultima volta?"

 

Riposi: "Padre, siccome io ero..." ma a questo punto il Padre mi interruppe, dicendo: "Bene, Lei si è confessato bene quella volta quando è tornato dal viaggio di nozze, lasciamo tutto il resto, e cominciamo di qui".

 

Io rimasi senza parola, con commosso stupore capii che avevo toccato il soprannaturale; ma il Padre non mi lasciò tempo di riflettere e nascondendo la conoscenza di tutto il mio passato, sotto forma di domande, enumerava con precisione e chiarezza tutte le mie colpe, precisando anche il numero delle Messe perdute.

 

Dopo che il Padre aveva specificato tutti peccati mortali, mi fece, con parole impressionanti, comprendere tutta la gravità di queste colpe, aggiungendo con un tono di voce indimenticabile: "Lei ha sciolto un inno a Satana, mentre Gesù nel suo sviscerato amore, si è rotto il collo per lei".

 

Mi diede poi la penitenza e mi assolse, e questa assoluzione, che era un soffocamento, produsse poi in me una tale felicità ed un senso di leggerezza, che, tornando al paese con altri pellegrini, mi comportai come un fanciullo brioso.

 

 

Tralascio di parlare di tutto il resto anche delle impressioni della Messa, che diedero anche a me il colpo di grazia: compresi senz'altra spiegazione tutta la misteriosa grandezza e bellezza del Sacrificio Divino.

 

Per fare meglio risultare la grandezza del Padre nella confessione, credo opportuno dare alcune delucidazioni, senza le quali si potrebbe menomare il prodigio a me successo.

 

Umanamente il Padre non poteva sapere ch'io avevo fatto il viaggio di nozze, e che appunto la confessione da me fatta dopo di questo era stata veramente fatta bene. In realtà fu proprio così.

 

Il giorno dopo che tornai dal viaggio, mia moglie espresse il desiderio che entrambi ci accostassimo ai Santi Sacramenti ed io aderii. Per la confessione mi recai dal medesimo Sacerdote che mi aveva preparato per l'abiura e questi, sapendo che io ero una nuova pecorella, e quindi poco pratico, mi aiutò con alcune domande; ecco perché feci bene la confessione.

 

Ma mi domando chi se non il Padre, che ha il dono di scrutare le coscienze, poteva essere a conoscenza di queste cose?

 

Solo in virtù di particolari doni Padre Pio poteva far cominciare la mia confessione dal punto da lui indicatomi, anziché da quello che m'ero prefisso.

 

Come già dissi, rimasi sbalordito nel sentirmi dire cose ch'io stesso avevo dimenticato, e fu poi in seguito ad una meticolosa riflessione, che riuscii a ricostruire il passato, rammentando tutti i particolari, che il Padre con tanta precisione mi aveva ricordati.

 

I critici, gli increduli non potranno dire che si tratti di lettura di pensiero, perché come ho già detto, la mia idea era di cominciare la confessione dall'infanzia.

 

Per fare più completa la storia della mia conversione, dirò anche quale fu il frutto di questo fortunato viaggio. Da allora fino ad oggi ho assistito tutti i giorni alla Santa Messa, facendo pure la Comunione quotidiana.

 

Sono diventato Terziario francescano, e così pure mia moglie, e credo non solo nei dogmi della Chiesa cattolica, ma anche nelle più piccole cerimonie, e sento che per togliermi questa fede bisognerebbe pure togliermi la vita.

 

Tutto questo ho voluto dire per rendere attraverso questa testimonianza, gloria e riconoscenza a Dio, e procurare pace e felicità agli uomini di buona volontà».

 

Madame Tangari conclude:

 

"Il Signor Abresch ebbe poi la grande gioia che il suo unico figlio Pio divenne sacerdote: il 2 settembre 1956 nella chiesa di San Domenico a Bologna fu consacrato dal Cardinale Lercaro, e due giorni dopo, il 4 settembre, il Padre Pio Abresch celebrò la sua prima Santa Messa nella chiesa Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo."

 


 

 
Tangari parla con Padre Pio  


Il libro di Tangari

 
Federico Abresch


  Pio Abresch serve la messa a Padre Pio. Foto fatta dal padre Federico
 
Il 4 dicembre 1928: Dr. Francesco Ricciardi

Il dr. Francesco Antonio Ricciardi era gravemente ammalato. I parenti ritennero che anche se lui si era dichiarato ateo, un prete bisognava pur sempre chiamarlo.

I parenti chiamarono l'arciprete, ma Francesco lo mandò via. Altri preti furono respinti.

Pressato dalle richieste dei parenti, per fargli vedere un sacerdote, Il dottore prese tutti in contropiede e disse che se doveva veder per forza un sacerdote, questo doveva essere solo Padre Pio.

Egli sapeva che era una richiesta impossibile, dato che Padre Pio non usciva mai dal convento. Ma i presenti si diedero da fare. Immediatamente si formò una commissione composta dal medico dei cappuccini dr. Angelo Maria Merla, il nipote del moribondo Francesco Ricciardi, il potesà, e l'autista della vettura presa a noleggio.

Tutti al convento. La commissione presentò la delicatezza del caso. Padre Pio fece presenti le disposizioni del Vaticano nei suoi confronti. Il superiore Padre Raffaele credette che fosse la volontà di Dio andare incontro a un mangiapreti. Egli salì insieme a Padre Pio e a tutti gli altri sulla vettura.

Padre Pio visitò l'infermo , lo confessò, gli diede la comunione e l'estrema unzione e andando via gli disse: "Dottò arrivederci. ci vediamo ai cappuccini. Arrivederci al convento."

Il mattino dopo tutti si preparavano per il funerale, ma furono informati che il dottore era ancora vivo. Si gridò al miracolo. Il dr. Ricciardi riprese la sua normale attività, e ricominciò a frequentare la chiesa.

Il dottor Ricciardi, ormai vecchio e buon cristiano, morì dopo quattro anni di vita edificante, assistito da Padre Raffaele, il superiore del convento.

(Nesta De Robeck, Padre Pio, The Bruce publishing Company, Milwaukee, second printing,1959, pagg. 65-6. La prima edizione del libro uscì nel 1958. Il libro ebbe l’Imprimatur di Mons. Alberto Meyer, Arcivescovo di Milwaukee) (Padre Francesco Napolitano, Padre Pio of Pietrelcina Brief Biography,  Edizioni Voce di Padre Pio, San Giovanni Rotondo, second edition, 1979, pagg. 143-4)  (C. Bernard Ruffin, Padre Pio: The True Story, Our Sunday Visitor Publishing Division, Huntington, Indiana, USA, 1991, pag. 340) (Maria Winowska, Il vero volto di Padre Pio, Edizioni San Paolo, Torino, trentatreesima edizione 2003, pagg. 129-131. La prima edizione originale era in francese e fu stampata a Parigi nel 1955) ( Giovanni Gigliozzi, Padre Pio, The miraculous and inspiring biography of the monk who bears the stigmata of Christ, Pocket Cardinal Edition, New York, 1966, pagg. 117-9. La prima edizione era del settembre 1965. Il piccolo libro ha l’Imprimatur del Cardinale Spellman. Il titolo originale del libro in italiano era “I monili dello sposo”, pubblicato nel 1958) (Mischitelli, 497-500)

 

Nel dicembre del 1928, mamma Peppa arrivò a San Giovanni Rotondo per trascorrere il Natale con il figlio. Andò ad alloggiare in casa di Maria Pyle.  L’incontro tra madre e figlio avvenne sul piazzale della chiesa. Questa volta, per potergli baciare la mano, mamma Peppa ricorse ad uno stratagemma. Prese la mano di Padre Pio e se la accostò alle labbra. Lui la ritrasse subito, ma lei disse: «Non la bacio per me, ma per zia Libera». «Quando è così…», rispose Padre Pio, e le allungò la mano. Allora la donna continuò: «Adesso bacio le tue mani per zia Pellegrina», e giù un secondo bacio, «per zia Filomena», un terzo bacio, «e per zia Giannina», quarto bacio. E via di seguito, nominando una decina di zie. Alla fine disse: «Adesso, Padre Pio, la bacio per me». Tentò ma non vi riuscì. Mentre si piegava, Padre Pio alzò di scatto le mani e tenendole alzate disse: «Questo mai. Il figlio deve baciare la mano alla mamma e non la mamma la figlio». Tutte le mattine mamma Peppa andava ad ascoltare la Messa celebrata dal Padre nella chiesetta del convento. Dopo aver ricevuto la Comunione, si inginocchiava per terra e baciava dove suo figlio aveva camminato. Ma quello fu un inverno molto rigido. Ci furono grandi nevicate, e mamma Peppa saliva al convento nonostante la neve. Indossava abiti dimessi e leggeri per quella stagione, ma nessuno era riuscito a convincerla a mettersi il vestito di lana che alcune amiche le avevano regalato, perché temeva di sembrare una signora. La notte di Natale seguì le funzioni religiose tra la gente che gremiva la piccola chiesa e dopo la Messa, tornò a casa di Maria Pyle e si mise a letto. Non si sentiva bene. Il mattino successivo non poté alzarsi, aveva 40 di febbre. Fu chiamato il medico che diagnosticò una polmonite doppia.

Ogni giorno Padre Pio andava a trovarla, accompagnato dal guardiano. E quando si rese conto che le condizioni della madre erano gravi, non si mosse più dal suo capezzale. L’assistette fino all’ultimo istante e le amministrò l’estrema unzione. E quando vide che stava per esalare l’ultimo respiro, la baciò in fronte poi, con un forte singulto, cadde svenuto. Due medici lo portarono in un’altra camera. Maria Pyle prese il suo posto e mamma Peppa spirò tra le braccia dell’americana. Erano le 6:15 del 3 gennaio 1929.

Nella camera attigua, Padre Pio sfogava il proprio dolore in un mare di lacrime. Era, il suo, un pianto straziante. Continuava a chiamare: «Mamma mia, mamma mia bella, mammella mia». Qualcuno gli disse: «Padre, lei stesso ci ha insegnato che il dolore altro non deve essere che l’espressione dell’amore che dobbiamo offrire a Dio: perché piange così?». Ed egli rispose: «Queste sono lacrime d’amore, nient’altro che di amore. E poi, non ho mica cento mamme, ma una sola».

(Roberto Allegri, Padre Pio santo. La vita e i miracoli, Poligrafici Editoriale, Bologna, 2002)

Mamma Peppa con la nipote Giuseppina

 

A 42 anni: 1929
 
Il 3 gennaio 1929 mori' la mamma di Padre Pio, nella casa di Mary Pyle.
 
 
Nel mese di aprile 1929 Pietro D'Orazi,l' ispettore generale di pubblica sicurezza si recò nel foggiano per constatare di persona le difficoltà frapposte dalle autorità locali al trasferimento di Padre Pio da un convento all'altro.

Egli stese una relazione nella quale si meravigliava che dopo 7 anni di questo governo non si dovrebbe neppure dubitare che un ordine dello stesso governo "possa rimanere ineseguito".

Il prefetto di Foggia gli suggerì: "E' bene ignorare la presenza di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, e lasciarlo tranquillo al suo monastero., da dove, del resto non fa che bene, con modestia, criterio, e molto buon senso.

A questo punto il problema fu portato sul tavolo del nuovo capo della polizia, Arturo Bocchini, il quale mise l'ultima decisione nelle mani del capo del governo, Benito Mussolini.

Mussolini, ascoltata la relazione decise, senza possibilità di replica che Padre Pio fosse lasciato indisturbato là dove era:

"Bene, lo si lasci indisturbato" annotò sulla relazione il capo del governo.

(Mischitelli, 505) (Ignazio Ingrao, Il segno di Padre Pio, PIEMME, Febbraio 2016, Capitolo 8, L'intervento del Duce)


Arturo Bocchini, capo della Polizia




Mussolini capo del governo nel 1929
 
 
Il 21 luglio 1929 Padre Pio, seguendo il consiglio di Padre Agostino, incominciò a scrivere un diario nel quale notare l'andamento della sua anima. Ma il successivo 15 agosto depose la penna.

Una perla di quello che Padre Pio scrisse: "Devozioni particolari giornaliere: non meno di 4 ore di meditazione. Novene: alla Madonna di Pompei, a s. Giuseppe, a s. Michele Arcangelo, a s. Antonio, al padre s. Francesco, al sacratissimo Cuore di Gesù, a s. Rita, a s. Teresa di Gesù. Giornalmente non meno di cinque rosari per intero."

Non si sa perchè Padre Pio decise di non continuare a scrivere. (Mischitelli, 502-4)

Dal diario di Padre Agostino. "Dall'8 al 15 agosto 1931 sono stato a San Giovanni. Un giorno gli dissi che avendo ora un po' di tempo libero meglio di prima, poteva continuare il diario, cominciato appena nel 1929... Mi rispose che non poteva affatto e che non glielo avessi comandato neppure per santa obbedienza, perchè solo in papa avrebbe potuto fargli questo comando. Capii che si trattava di qualche ispezione venuta dall'alto! ...Dio mio!... che misteri!" (Padre Agostino, Diario, pag. 91).



Il 3 dicembre 1929 salì al convento di Giovanni Rotondo Mons. Alessandro Macchi, vescovo di Andria, e nominato amministratore apostolico di Manfredonia dopo la partenza.di mons. Gagliardi.

Il vescovo ebbe un colloquio di novanta minuti con il superiore Padre Raffaele, durante il quale chiese per il giorno dopo, sul far del giorno, la consegna di Padre Pio. Parlò anche con Padre Pio

Mons. Macchi in una lettera al segretario del Sant'Officio card. Merry Del Val in data 29 gennaio 1930 scriverà: "Mi permetto di dire quel che penso di Padre Pio: sarà stato santo, ma ora è un illuso, manca di umiltà, usa acqua odorosa che gli regalano le bizzoche, e dal modo di comportarsi con me, mi sono convinto che in lui manca il fondamento della santità, cioè l'umiltà... Mi offrii di accompagnare Padre Pio a Milano, indi in Svizzera."

"Occorre, mi disse il guardiano, il permesso del provinciale di Foggia. E chi assicura la vita di quelli che rimangono? Qui si ha a che fare con un popolo ancora selvaggio." 

Entrai nella cella di Padre Pio: ripetei a lui lo stesso parere, si ritirò nelle spalle e poi disse: "Me ne vado, ma declino ogni responsabilità."

Mi parlò di quando un'altra volta doveva partire, ed un giovane lo voleva colpire con una revolverata alle spalle." (Mischitelli, 506)


Card. Rafael Merry del Val


Mons. Macchi


Padre Raffaele con Padre Pio
 
 

 

A 43 anni: 1930

17 settembre 1930: Giuseppina Marchetti.  Guarigione annunciata dal profumo.

 

Siamo a Bologna nel mese di luglio del 1930. Ivi risiede col suo papà la signorina Giuseppina Marchetti di 24 anni.

A seguito di un grave incidente essa aveva riportato la frattura del braccio destro. Era stata operata, ma dopo tre anni una nuova operazione non diede gli effetti sperati, anzi comportò un lungo periodo di un trattamento doloroso.

A una nuova visita del chirurgo, questi dichiarò che la ragazza non avrebbe mai più riacquistato l'uso normale del braccio, perché non era riuscito un innesto osseo.

Padre e figlia decidono di andare da Padre Pio e pregarlo d'intercedere presso il Signore per la guarigione del braccio, per cui la scienza si dichiarava impotente. Vanno a S. Giovanni Rotondo e Padre Pio li riceve amorevolmente, raccomanda di avere fiducia nel Signore e dice: "La ragazza certamente guarirà."

Passano i giorni e non succede assolutamente niente. Come mai? Ma Padre Pio non si è forse sbagliato?!... No, non si è affatto sbagliato: solo ha previsto tempi lunghi per la guarigione di Giuseppina.

Lei però e il papà non lo sanno e se ne tornano a Bologna piuttosto perplessi.

Ma il 17 settembre 1930, Festa delle stigmate di S. Francesco d'Assisi, la casa del Signor Marchetti viene inondata da un odore di giunchiglie e di rose e questo fenomeno dura per quindici minuti. È il segno della misteriosa presenza del Padre Pio, che ha mantenuto la promessa ed è venuto a guarire il braccio di Giuseppina, la quale avverte subito la guarigione e torna perfettamente alla normalità.

La radiografia, che ella conserva gelosamente, eseguita subito dopo questo fenomeno, dimostra che il braccio è tornato perfettamente normale. L'osso e le cartilagini sono rimessi a nuovo.

 

(Oscar De Liso,  Padre Pio. The biography of the first priest to bear the wounds of Christ, All Saints press, New York, second printing, 1965, pag. 120.  La prima edizione del libro era del 196. Questo libro fu pubblicato con l’Imprimatur del Cardinale Spellman) (Pascal Cataneo, Padre Pio gleanings, Editions Paulines, Quebec Canada, 1991, pagg 134-5. Prima edizione “I fioretti di Padre Pio”, Edizioni Dehoniane, Roma, 1988) (Maria Winowska, Il vero volto di Padre Pio, Edizioni San Paolo, Torino, trentatreesima edizione 2003, pag. 118. La prima edizione originale era in francese e fu stampata a Parigi nel 1955) (Padre Francesco Napolitano, Padre Pio of Pietrelcina Brieff Biography, Edizioni Voce di Padre Pio, San Giovanni Rotondo,, second edition, 1979, pagg. 138-9)

16 ottobre 1930: Enrico Del Fante

Il piccolo Enrico del Fante, nipote del giornalista ateo Alberto del Fante, giaceva malato a letto con febbre altissima.

La radiografia fatta quel giorno confermò  la diagnosi fatta dal prof. Palmieri di infezione renale con ascesso interno, secondario a tubercolosi.

Antonio Tonelli, amico di famiglia e figlio spirituale di Padre Pio, espose il caso al Padre. Egli promise di pregare e disse che il bambino sarebbe guarito.

 Sentita la bella notizia, zio Alberto disse:

"Se Enrico guarisce farò un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo." Il bambino guarì e Alberto, profondamente scosso, si recò come promesso, da Padre Pio, che lo aiutò a convertirsi."

(Fr. Charles, Mortimer Carty, Padre Pio the stigmatist, 163)

Cartolina postale con immagine ed elenco opere di Alberto del Fante




29 novembre 1930
, dal diario di Padre Agostino:

"Il 29 novembre andai per poche ore a San Giovanni Rotondo. Parlai col Padre Pio della promozione di Mons. Cuccarollo e quindi della mancanza dell'avveramento della seconda parte della visione di San Pio V.

Mi rispose: "Il Signore ha lasciato fare agli uomini, ma monsignor Cuccarollo porterà degli scrupoli innanzi a Dio, perche egli doveva ubbidire al Papa senza fare nessuna opposizione. E' vero che il diavolo ha brigato e Dio lo ha lasciato fare: ma monsignore doveva sobbarcarsi della croce." (Padre Agostino, diario, 88-9)

"La prima parte della visione della notta di san Pio V si è avverata, perchè mons. Gagliardi (...) dovè partire da Manfredonia nel settembre od ottobre 1929. La seconda parte non si è avverata per colpa degli uomini. E' certo che il Papa nel giugno del 1929 voleva che a Manfredonia andasse Monsignor Cuccarolo e ci sarebbe andato se (...) Oh, imperscrutabili giudizi di Dio!... Monsignor Cuccarollo nel novembre 1930 fu promosso alla sede Metropolitana di Otranto.(Diario di Padre Agostino, pag. 88)

Continua il diario di Padre Agostino:

 "Dal 31 luglio al 2 agosto 1929 fui a San Giovanni Rotondo. Interrogato, Padre Pio mi raccontò: "La notte del 5 maggio scorso sognai San Pio V. (Egli dice di aver sognato, ma fu la vera visione come a me constra di altre...). Mi disse chiaramente (...) e verrà a Manfredonia mons. Cuccarollo."

"Il Padre mi fece leggere un biglietto di mons. Cuccarolo a lui in data di giugno. Il Vescovo di Bovino si raccomandava alle preghiere del Padre Pio, perchè gli era stato proposto a Roma un trasloco in peius ecc."

Nota 4 (Trasloco in peius, ovvero trascolo in peggio, con riduzione di prestigio.

"Padre Pio per mezzo del padre segretario Provinciale Padre Ignazio da Ielsi, fece rispondere al Vescovo di accettare il trasloco, onerando la sua coscienza per qualche rifiuto.

Nota due: Quì  e altrove i puntini sostituiscono alcune parole o qualche brano del Diario, che si è creduto opportuno omettere. (P. Agostino, Diario, pag. P.85-6)
 
Mons. Sebastiano Cuccarollo 


Padre Agostino
 
 

 

1930: Quanti sacerdoti?

C'erano 25 studenti al collegio serafico nel 1930. Il direttore, Padre Fortunato da Serracapriola, chiese a Padre Pio quanti di essi arriveranno al sacerdozio. Padre Pio: "Rimarranno soltanto in cinque." Infatti solo Lodovico Rinaldi, Cristoforo Cocomazzi, Vittorio Massaro, Pietro Tartaglia e lo scrivente Paolo Covino diventarono sacerdoti. (Covino, 75-6)

 
 
 
 

 

A 44 anni: 1931
 
.  .

Il 20 marzo 1931 così scrisse Padre Fortunato da Serracapriola (nel 1931 Pasqua ricorse il 5 di aprile):

 "Quindici giorni giorni prima della Pasqua del 1931 s'era sparsa la voce a San Giovanni Rotondo che sarebbe venuto un guardiano forestiero, milanese, il quale era a Frascati in attesa di piombare a San Giovanni Rotondo, all'insaputa di tutti, con l'ordine perentorio di trafugare Padre Pio per ignota destinazione.

Come il popolo sia venuto a conoscenza di questo provvedimento della S. Sede non lo saprei dire. ...Noi conoscevamo le cose dopo 15-20 giorni, quando il popolo aveva già preso le misure di sicurezza, per impedire l'attuazione di qualsiasi ordine non gradito.

Ora la sera del 7 aprile arriva per caso in Padre dei Minori, P. Eugenio, che era di ritorno dalla predicazione nelle Puglie. Venne a San Giovanni Rotondo solo per visitare Padre Pio."

Padre Eugnio Tignola A Foggia salì sull'autobus per San Giovanni Rotondo.

Accanto a lui si sedette il podestà di san Giovanni Rotondo Antonio Bramante e vicino si sedette Michele Mondelli, presidente della sezione mutilati di guerra. Parlarono del più e del meno e padre Eusebio si presentò come uin personaggio importante al servizio dell'ordine francescani e della patria.

Bramante e Mondelli fraintesero quel che il Padre Eusebio diceva, e sospettarono che si trattasse del nuovo superiore che era venuto a prendere possesso del convento e di Padre Pio. Il Mondelli scese dall'autobus in paese e avvertì il banditore, e in un batter d'occhio il paese fu in subbuglio.

Già verso le 22:00 una grande folla accerchiava il convento. Erano alcune centinaia di persone. Chiedevano la consegna del "nuovo superiore". Padre Pio si affacciò alla finestra, spiegò l'equivoco, chiese che tornassero a casa. Padre Pio non fu creduto. I cittadini si sistemarono nei paraggi per continuare la sorveglianza e prevenire eventuali colpi di mano da parte di chicchessia.

Il mattino dopo, Padre Eugenio Tignola, che aveva involontariamente causato tutto quel trambusto, salì  sul primo pullman e ripartì. (Mischitelli, 518)
 

Il 7 aprile 1931 il commissario Padre Bernardo scrisse al ministro generale: "Ieri sera, per aver visto andare al convento un frate minore, si riversò al convento una fiumana di gente minacciosa! Aprirono a viva forza la porta, vollero vedere il religioso forestiero e conoscere per quali motivi si era recato a San Giovanni Rotondo. Il poveretto passò un brutto quarto d'ora...".

Il giorno 11 aprile il ministro generale rispose alla lettera chiedendo che cosa ne pensava della vicenda il Prefetto di Foggia.

Il 12 aprile 1931 Padre Bernardo rispose: "... Il Prefetto desidererebbe che il detto Padre Pio sia lasciato in pace.... Credo bene avvertirla che a San Giovanni Rottondo vi è una pattuglia volontaria che sorveglia a turno il convento...."

Il ministro generale trasmise il parere del commisario provinciale al Santo Offizio.
 
 

22 maggio 1931: Alberto del Fante

Il 22 maggio 1931Il Sant'Ufficio notificava che il libro di Alberto Del Fante "A Padre Pio di Pietralcina, l'Araldo del Signore", era messo nell'Indice dei libri proibiti. In calce al documento c'era reiterato il monito di evitare qualsiasi contatto con Padre Pio.

Messo all'Indice dal Santo Uffizio, "è ipso jure proibito e non può nè stamparsi, nè leggersi, nè ritenersi, nè vendersi, nè comunque comunicarsi ad altri". La stessa Suprema Congragazione richiama alla memoria dei fedeli le precedenti istruzioni sul sunnominato padre "perchè sappiano essere loro dovere astenersi dall'andare a visitarlo, o mantenere con lui relazioni, anche semplicemente epistolari".

Il libro di Alberto del Fante era stato pubblicato a Bologna, Galleri Editore, nel mese di aprile 1931, di pagine 512.
Lo stesso Del Fante, nello stesso anno 1931 aveva pubblicato anche un volumetto, Dal dubbio alla fede, dove narrava la sua conversione. Il libretto ebbe pure l'approvazione del vicario vescovile di Cremona.

Alberto del Fante, un noto massone di Bologna, narrava la sua conversione avvenuta in seguito alla constatazione di un miracolo avvenuto nell'ambito della sua famiglia: un suo nipotino era stato guarito da Padre Pio (Mischitelli, pag. 522, e nota15)



Indice dei libri proibiti

     
Notifica e Monito del Sant'Ufficio


Il libro "Dal dubbio alla fede" di Alberto del Fante


Il 23 maggio 1931, La Suprema Congregazione del Sant'Ufficio, in Assemblea Plenaria, emanò un nuovo Decreto.  

Il cardinale Donato Sbarretti, in data 23 maggio, provvide a notificare il decreto al Padre Generale dei Cappuccini. In assenza del Padre Generale, fu il Procuratore Commissario Generale dell’Ordine, padre Gregorio da Brena, a notificare il decreto al superiore del convento, padre Raffaele, facendogli anche pervenire, in allegato, una sua lettera personale datata 8 giugno 1931.


Palazzo del Sant'Ufficio


Cardinal Donato Sbarretti
 
La notifica avvenne direttamente, e non tramite il Provinciale di Foggia, perché in quel periodo, come già ricordato, il convento di San Giovanni Rotondo era passato alle dirette dipendenze del Ministro Generale. Padre Raffaele rimase turbato alla lettura del decreto:

«A Padre Pio da Pietrelcina siano tolte tutte le facoltà ministeriali, ad eccezione di quella di celebrare la Santa Messa, ma solo se celebrata entro il recinto del monastero in una cappella interna, in forma privata e senza partecipazione di fedeli».

Al Padre guardiano viene rivolta una raccomandazione: «La Paternità Vostra resta incaricata di curare la piena esecuzione di questo decreto e di riferire alla Sacra Congregazione intorno all’esecuzione stessa».
(Giannuzzo, San Pio, 289-90)
 


L'11 giugno 1931, festa del Corpus Domini, Padre Pio cominciò a celebrare la messa da solo nella cappellina interna del convento.
 
           
Celebra da solo
 
Il 24 luglio 1931 Padre Agostino andò a trovare Padre Pio e gli chiese come passava i suoi giorni. Padre Pio rispose: "Prego, studio come posso e... dò noia ai miei fratelli!" (Padre Agostino, Diario, pag. 90)

 

A 45 anni: 1932
 

2 gennaio 1932: bilocazione a Firenze
"Il 2 gennaio 1932, scrisse Padre Agostino nel suo "Diario", andai a San Giovanni Rotondo....
 
Dopo aver ascoltato la sua confessione... lo interrogai se Gesù si facesse sentire e vedere... Mi rispose che spesso Gesù si fa sentire, parla all'anima, degnandola di visioni intellettuali, ...Così fa pure la Mammina Celeste, l'Angelo Custode...

Continua Padre Agostino:
Questa volta gli ho raccontato la vestizione di suor Beniamina Crocifissa del Divin Cuore (Giuseppina Villani) fatta da me a Firenze l'8 dicembre 1931.
Gli ho dato notizie dettagliate della mia permanenza a Firenze, specie a Coverciano, parlandogli di quelle buone suore.
Siccome a Firenze una suora mi disse che Padre Pio una mattina, dopo la Comunione, le era apparso per confortarla e benedirla, io mi volli accertare anche da lui.
 Gli domandai: "Spesso fai anche dei viaggetti fino a Firenze? Una suora mi ha detto così e così. E' vero?". 
Mi rispose umilmente: "Padre, sì!".
"Ma la suora mi disse che dopo ti pregò di andare anche da suor Beniamina, e tu rispondesti: "Non ho l'obbedienza." E' vero?"
Mi confermò: "Padre, sì!"
Ma spesso va anche da suor Beniamina, come vi andava quando questa era secolare a casa sua. E questa cara animuccia va anche spesso dal Padre. Si scambiano fra loro di queste visite spirituali e misteriose per effetto di bilocazione."
(Padre Agostino da San Marco in Lamis, Diario, Edizioni Padre Pio, 2012, pag 93-4)

 
25 settembre 1932 chiude definitivamente il Collegio Serafico

Dal diario di Padre Agostino:

"Da parecchi giorni era venuto l'ordine da Roma di sgombrare il Collegio, e già alcuni collegiali erano partiti.

Il conventi di San Giovanni Rotondo era sede del Seminario Serafico al mese di novembre 1909.

Il 23 Maggio 1931 ci fu l'ordine di trasferire il seminario. Per non dare nell'occhio bisognava chiuderlo per extinctionem, non ricevendo più aspiranti.

Così alla fine di settembre del 1932, partiti gli ultimi aspiranti, e non avendone ricevui dei nuovi, il seminario rimase sgombro.

Padre Pio ne soffrì molto perchè era stato direttore spirituale sin dal primo anno della sua venuta a San Giovanni Rotondo. (Padre Agostino, Diario, pag. 101 e nota 24)
 

 

A 46 anni 1933
 
Il 14 marzo 1933 il convento fu visitato da mons. Luca Pasetto e mons.Felice Bevilacqua, inviati dal Papa Pio XI. I due vescovi arrivarono alle 8 di mattina e ripartirono nel pomeriggio.

Padre Raffaele, guardiano del convento ha lasciato scritto:

"... Appena in convento domandarono del superiore e poi domandarono di Padre Pio. Padre Pio era in cappella ove celebra la messa, che termina alle ore 10 e subito lo preavviso che c'è mons. Pasetto  che deve parlargli.

 P. Pio appena pronto viene nel salottino e si intrattiene a lungo con mons. Pasetto. A mezzogiorno si va a pranzare con la comunità e P. Pio con noi."
 
Mons. Pasetto restò ammirato dello spirito di preghiera di Padre Pio , della sua umiltà di uomo veramente di Dio. La relazione poi stilata dal vescovo fece cambiare opinione al Papa nei riguardi dello stesso Padre Pio. (Mischitelli, 546)


Il 7 luglio 1933, il ministro generale dei cappuccini, dopo un colloquio avuto con il card. Donato Sbarretti, segretario del Santo Offizio,gli indirizzò una lettera per chiedere la concessione della facoltà di celebrare la messa nella chiesetta del convento.

In data 14 luglio 1933 Il cardinale Sbarretti rispondeva:

"Rev.mo ministro generale... tenuto presente la celebrazione dell'anno santo straordinario della Redenzione, accorda la facoltà di permettereal Padre Pio da Pietrelcina di celebrare la S. Messa nella chiesa del convento di San Giovanni Rotondo, ove egli attualmente risiede, e di autorizzarlo altresì ad ascoltare le sacramentali confessioni dei religiosi fuori della chiesa. ... devotissimo Donato Card, Sbarretti.

La sera del 15 luglio 1933 il ministro salì al convento e quando tutti erano radunati in refettorio, incluso Padre Pio, diede la grande notizia.

Padre Pio "con voce tremante e commossa" pregò il superiore provinciale di "ringraziare Sua Santità da parte sua". (Mischitelli, 551-2)

Lo stesso 15 luglio 1933 il commissario provinciale Padre Bernardo consegnò al superiore padre Raffaele un elenco di norme applicative del permesso del Santo Offizio:

La clausura doveva essere estesa anche alla sacrestia.

La comunione delle donne doveva essere fatta solo alla balaustra.

Padre Pio doveva scendere in sacrestia solo per la scala interna "segreta".

Padre Pio non doveva parlare con le donne nè farsi baciare le mani.

Le donne non dovevano sostare nel corridoio.

Le donne sorde si dovevano confessare in chiesa nelle ore non frequentate dalla gente.

La messa di Padre Pio non doveva essere più lunga di una mezz'oretta. (Mischitelli, 553-4)
Il 5 ottobre 1933 Maria Basilio  comprò dal comune di San Giovanni Rotondo che lo aveva messo in vendita, un terreno di 4 ettari.

Padre Pio le consigliò l'acquisto. Maria lo donerà in seguito al convento, e su quel terreno sorgerà La Casa Sollievo della Sofferenza.
 

 

 

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