Capitolo 8: Da 36 a 39 anni

 

 

A 36 anni: 1923



Gennaio 1923: Padre Lorenzo

Nel gennaio 1923 il Santo Offizio consegna a Padre Lorenzo di S. Basilio, frate carmelitano, il materiale arrivato fino ad allora riguardante Padre Pio, incluse nuove lettere e nuove accuse, per dare un'opinione.

Egli stende una relazione che firma il 26 febbraio e presenta il mese seguente ad una riunione plenaria del Sant'Officio. Riconosce  che alcuni punti della dichiarazione del 10 maggio dell'anno precedente erano stati eseguiti, come Padre Pio che non celebra più la messa ad ora fisse, e che Padre Benedetto è stato allontanato ed ha consegnato i suoi scritti intorno a Padre Pio. In merito a Padre Pio lo considera inadempiente all'ordine dell'autorità di chiedere, come sua iniziativa personale, il trasferimento.

Il palazzo sede del Sant'Ufficio
 
16 maggio 1923: delibera del Sant'Ufficio

In questa data il Santo Officio stilò una deliberazione riguardante il caso di Padre Pio.

La deliberazione fu inviata al procuratore dell'ordine dei cappuccini, padre Melchiorre da Benisa.

Il procuratore inviò la delibera l'11 giugno 1923 al al ministro provinciale di Foggia Padre Pietro da Ischitella.

La delibera incolpava Padre Pietro per non aver implementato gli ordini precedenti e ordinava "che riconfermi al Padre Pio l'ordine di celebrare la messa non più in pubblico e ad ora fissa, ma lo si faccia celebrare nella cappella interna del convento, non permettendo a persona alcuna di assistervi.

E' inoltre volontà degli eminentissimi padri che egli non risponda più, nè per sè nè per altri a quelle lettere che gli vengono indirizzate da persone devote per consigli, per grazie, o per altri motivi." (Mischitelli,419-21).

 
Il Palazzo del Sant'Ufficio in un'antica incisione



31 maggio 1923
il Santo Offizio emise una dichiarazione ufficiale
31 maggio 1923 Dichiarazione nell' "Acta Apostolicae Sedis": "«La Suprema Congregazione del Sant’Uffizio, preposta alla fede e alla difesa dei costumi, dopo un’inchiesta sui fatti attribuiti a Padre Pio da Pietrelcina dei Frati Minori Cappuccini del convento di San Giovanni Rotondo nella diocesi di Foggia, dichiara non constare da tale inchiesta della soprannaturalità di quei fatti ed esorta i fedeli a conformarsi nel loro modo di agire a questa dichiarazione.» Luigi Castellano, notaio della suprema congragazione.
         
Il 5 luglio 1923 la dichiarazione viene anche pubblicata in un trafiletto sull' "Osservatore Romano.


La notizia venne ripresa dalla stampa, che diede risalto al severo atteggiamento del Vaticano nei confronti del Padre. La «Gazzetta delle Puglie», il 5 luglio, giorno in cui il decreto fu pubblicato, uscì con un articolo dal titolo: Il Vaticano sconfessa i pretesi miracoli di Padre Pio di San Giovanni Rotondo. Il giorno dopo, «Il Paese» uscì con un articolo dal titolo: Il Vaticano sconfessa Padre Pio. Il 21 luglio il «Corriere della Sera» uscì con un articolo dal titolo polemico (Agitazioni in favore di un preteso Santo), ma dal contenuto serio e obiettivo.

Il cardinale Merry del Val, quando un fedele di Padre Pio gli chiese perché il Sant’Uffizio aveva negato la soprannaturalità dei fatti attribuiti a Padre Pio, rispose: «Il Sant’Uffizio non ha negato nulla. Ha dichiarato che non gli consta (non constat) la loro sovrannaturalità. È molto differente».



Cardinal Merry del Val

Il 16 giugno 1923 il superiore del convento, Padre Ignazio da Ielsi, riceve l'ordine che Padre Pio deve celebrare messa in privato, e non puo' scrivere o ricevere lettere.

Padre Ignazio ci pensa qualche giorno sù e il 25 giugno ordina a Padre Pio di dire messa in privato.

Padre Ignazio da Jelsi


Il 25 giugno 1923
Padre Pio celebrò per la prima volta in privato. Ma restò l'unica.

Appena la gente vide che Padre Pio non scendeva per la messa, una folla immensa di circa tremila persone con in prima fila la banda musicale, e capeggiata dal sindaco Morcaldi e dalle altre autorità civili e militari si recò al convento chiedendo assicurazioni sia per la non rimozione di Padre Pio, sia per la celebrazione della MNessa in pubblico.

Ignazio telegrafò a Padre Pietro: "«Il popolo, notato che Padre Pio non celebrava più in pubblica chiesa, ha ritenuto questa disposizione come offensiva e quasi una punizione a lui inflitta e, persuaso che ciò fosse un primo provvedimento, al quale altri più gravi sarebbero seguiti, si è sollevato in comizio, tenutosi in piazza, nel quale fu deliberato di nulla lasciare intentato per ottenere la revoca del detto provvedimento; ed il sindaco a nome della stessa popolazione ha spedito telegrammi di protesta alle autorità ecclesiastiche.

Una fiumana di popolo di tremila persone, accompagnata da musica e dalle autorità civili e militari, salì al convento, chiedendo assicurazioni sia per la non rimozione del Padre Pio sia per la celebrazione della Messa in pubblico.

Il sindaco ed altre autorità del paese vennero in convento a persuadermi di sospendere l’esecuzione dell’ordine; ed io, a fin di evitare altri gravi inconvenienti e per sedare l’eccitazione del popolo, ho creduto bene accondiscendere alla loro richiesta facendo di nuovo celebrare Padre Pio in pubblico, sino a quando vostra paternità non mi comunicherà altre istruzioni in proposito». (Alessandro, Cireneo, 174) (Giannuzzi 235-6) (Peroni, Padre Pio, 307-8)
Gli abitanti di San Giovanni Rotondo iniziarono una guardia armata al convento, ventiquattr'ore su ventiquattro, per impedire che Padre Pio fosse rimosso dal convento. Da Roma fu inviato Carmelo Camilleri per organizzare il trasferimento di Padre Pio.
    Foto del 1925. Le "guardie" di Padre Pio auto-organizzatesi sin dal 1923 (Dal libro San Giovanni Rotondo ai tempi di Padre Pio, di Michele Biscotti, GERCAP, Foggia - Roma, 2006; pag. 321)

Padre Pio guardato a vista
 
Il 30 luglio 1923 Padre Luigi D'Avellino, in qualità di vicario provinciale, in sostituzione di Padre Pietro seriamente malato, fu chiamato a Roma dal ministro generale Padre Giuseppe Antonio da Persiceto, (nato Giovanni Antonio Bussolari) per importanti e urgenti comunicazioni.
All'uscita, Padre Luigi ricevette dal superiore generale un ordine a cui non poteva disobbedire a causa del voto di obbedienza fatto dai cappuccini.

L'ordine era di portare via da San Giovanni Rotondo Padre Pio e di consegnarlo al provinciale delle Marche, in Ancona, fino ad ulteriori disposizioni.

Il ministro generale disse anche che lui avrebbe provveduto a prendere accordi con il generale De Bono, direttore di Pubblica Sicurezza, mentre Padre Luigi doveva prendere accordi con il Prefetto di Foggia.
 Giunto a Foggia Padre Luigi interpellò il Prefetto di Foggia  sul da farsi. Il prefetto si disse pronto, ma che si sarebbe camminato sopra i cadaveri, e contatto il generale de Bono.

Lo stesso, a Roma il Generale De Bono assicurò il ministro generale che l'operazione sarebbe stata portata a termine, ma si andrebbe incontro a fatti di sangue, come gli aveva riferito il prefetto di Foggia.

Il palazzo del Sant'Ufficio


    

Padre Luigi D'Avellino    





Il general De Bono in Abissinia (barba bianca)



Il giorno 8 agosto 1923 Padre Luigi salì al convento a tarda sera e si presentò a Padre Pio comunicandogli l'obbedienza. Padre Pio: "Eccomi, sono pronto a partire!"

Padre Luigi: "E' notte inoltrata, dove andremo?" Padre Pio: "Sono pronto, quando e dove vuole lei. Quando sono con il superiore sono con Dio."

Padre Luigi: "Per ora ho solo l'obbligo di comunicarti l'obbedienza, la quale sarà esecutiva solo quando riceverò da Roma ulteriori disposizioni."

Padre Pio
A conferma della sincera volontà di Padre Pio di eseguire gli ordini, c'è una lettera di Padre Pio scritta a Padre Luigi il 27 agosto 1923: "...Credo non ci sia bisogno di dirle quanto io, grazie a Dio, sia disposto ad ubbidire a qualunque ordine mi venga notificato dai miei Superori."
 

Il 10 agosto 1923
ricorreva il 13° anniversario dell'Ordinazione Sacerdotale di Padre Pio. Una grande folla visitò il convento tutto il giorno.

Nel tardo pomeriggio, durente il rito del vespro celebrato da Padre Pio, un uomo avanzò  verso l'altare, estrasse la pistola, si avvicinò a Padre Pio e disse: "Padre, vivo o morto, tu resterai con noi...!" L'uomo fu immediatamente bloccato e disarmato.

Si chiamava Antonio Centra, e faceva il muratore.

Padre Pio mentre celebra i Vespri


Il 12 agosto 1923 Padre Pio scrisse una lettera al sindaco di San Giovanni Rotondo Francesco Morcaldi:

"... i fatti svoltisi in questi giorni mi hanno profondamente commosso e mi preoccupano immensamente...

Se, come ella mi ha comunicato, è stato deciso il mio trasferimento, la prego di adoperarsi perchè si compia la volontà dei miei superiori....

Io ricorderò sempre codesto popolo generoso... e quale segno della mia predilezione...esprimo il desiderio che, ove i miei superiori non si oppongano, le mie ossa siano composte in un tranquillo cantuccio di questa terra. "
 
Il sindaco Morcaldi in affettuoso contatto con Padre Pio

Il 17 agosto 1923 il Card.Merry Del Val, segretario del Santo Ufficio, sospese l'esecuzione dell'ordine di trasferimento di Padre Pio, rinviandone l'urgenza e concedendo una proroga, a causa delle difficoltà oggettive avanzate da Foggia, proveniente sopratutto dalla popolazione e dalle autorità di San Giovanni Rotondo.

Allo stesso tempo invitava lo stesso Padre Pio a darsi da fare per il proprio trasloco, sollecitando le autorità civili e militari (Mischitelli,440-1)

Il Cardinale Merry Del Val


Padre Pio


Il 22 agosto 1923 il ministro generale dei cappuccini Padre Giuseppe Antonio da San Giovanni in Persiceto si rivolse direttamente al generale Emilio De Bono, capo della polizia di stato, perchè provvedesse, con opportune precauzioni, a favorire il trasloco di Padre Pio, senza dolorose conseguenze.

Il generale prese la cosa sul serio e mandò a San Giovanni Rotondo un suo funzionario di fiducia di nome Carmelo Camilleri.

Camilleri andò sul posto, fece le sue indagini, ebbe colloqui col sindaco, i frati, e lo stesso Padre Pio e concluse che il frate poteva essere trasferito o trasportato altrove anche a costo di usare la forza con previsione di sicuro spargimento di sangue.

Il generale De Bono capì la gravità della situazione e si mise in contatto con le autorità vaticane nell'intento di far revocare l'ordine di trasferimento. (Mischitelli, 443)

 

Padre Giuseppe Antonio, ministro generale dei cappuccini

 

 

 

Generale Emilio De Bono (barba bianca)

 

 

 

3 ottobre 1923: Padre Clemente

 
Padre Clemente. Padre Clemente Tomay da Postiglione visse per 26 anni nel convento, ed era confessore e amico di Padre Pio

Egli testimoniò che il 3 ottobre 1923, avvicinandosi a Padre Pio fu "circondato da un intenso profumo di violette, così intenso che quasi quasi ero sopraffatto. Il profumo durò per circa dieci minuti."

 

Lo stesso Padre Clemente riportò: "Stavo portando la Santa Comunione alla casa del dr. Sanguinetti, che era malato. Quando io bussai il campanello mi sentii circondato da un forte profumo.

Tornato al convento riportai il fatto a Padre Pio e gli chiesi: "Padre, perché mi avete fatto sentire il vostro profumo?" Padre Pio rispose: "Perché sono tanto contento di te e ti voglio bene." (Ingoldsby, Mary F., Padre Pio His life and Mission, Veritas Publications, Dublin, Ireland, 1978, pag. 94-5) (P. Marcellino Iasenzaniro, Padre Pio profilo di un Santo II volume Carità e Prove, sostenute nella speranza, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, 2010, pag. 148-9)
 

Padre Pio e Padre Clemente
 
 

 

 

A 37 anni: 1924
 
Il 23 febbraio 1924 morì Padre Pietro da Ischitella, ministro provinciale dei cappuccini della provincia di Foggia.
 
Padre Pietro da Ischitella



Il 29 marzo 1924
il Santo Offizio ordinò al ministro generale che con proprio provvedimento Padre Luigi da Avellino fosse allontanato dalla provincia religiosa di Foggia.

Ordinò anche che il convento di San Giovanni Rotondo fosse sottratto alla provincia di Foggia e trasferito alla curia generale di Roma.

Ribadì ancora che i decreti del Sant'Ufficio erano tutti in vigore.

Infine impose che queste decisioni non dovevano apparire come provenienti dal Santo Offizio, ma come emessi dalla stessa curia generale dei cappuccini.
 
Sant'Ufficio

 
Padre Luigi D'Avellino
Il 2 aprile 1924 il ministro generale dei cappuccini spedì di nuovo Padre Celestino da Desio in Puglia con l'intento di esaminare la situazione del convento di San Giovanni Rotondo, e anche di  valutare la situazione del capitolo provinciale dei cappuccini a Foggia, dato che era morto Padre Pietro e bisognava nominare il successore.

Padre Celestino rimase in Puglia quasi 3 settimane, 8 giorni nel convento di Foggia e 11 giorni nel convento di San Giovanni Rotondo,e al termine, il 25 aprile 1923, redasse la sua relazione che consegnò al superiore generale.

Padre Celestino da Desio, nel 1924 fu eletto vescovo e divenne Vicario Apostolico dell'Eritrea



Il 6 aprile 1924 il procuratore generale dei cappuccini, Padre Melchiorre da Benisa, scrisse una lettera riservata a tuttii ministri provinciali dei cappuccini, ricordando i provvedimenti del Santo Officio nei riguardi di Padre Pio, e proibiva ogni singolo frate di far menzione di Padre Pio.

Dovevano del tutto ignorare l'esistenza di un uomo chiamato Padre Pio. (Mischitelli, 452).

Padre Melchiorre da Benisa

Il 17 aprile 1924 Pade Luigi d'Avellino comunicò a tutti i frati di essere stato dichiarato decaduto dalla carica di vicario della provincia di Foggia e nominato "visitatore" di una provincia dell'estremo nord d'Italia.
 
Padre Luigi D'Avellino


Il 28 aprile 1924 Padre Bernardo d'Alpicella, un cappuccino della provincia di Parma, inviò una lettera circolare di presentazione a tutti i frati della provincia di Foggia, informando che lui era il nuovo superiore della provincia di Foggia, nominato in qualità di Commissario Generale. (Mischitelli, 455)

Padre Bernardo D'Alpicella

Il 13 aprile 1924, il giornalista Giuseppe Cavaciocchi, con i tipi di Giorgio Berlutti, pubblicò in un volume tre suoi articoli usciti precedentemente su "Il Messaggero" di Roma con il titolo "Padre Pio da Pietrelcina. Il fascino e la fama mondiale di un umile e grande Francescano.
 
Il libro di Cavaciocchi

Il 24 luglio 1924, il Sant’Uffizio,  emanò un «Monito», con cui venne richiamata la precedente Declaratio del 31 maggio 1923, ribadendone «con più gravi parole» il contenuto:

«Con la dichiarazione del 31 maggio dell’anno scorso... questa Suprema Sacra Congregazione del S. Ufficio, a cui  e' affidato il compito di tutelare i costumi, ha ammonito i fedeli, dopo un’inchiesta svolta sui fatti che comunemente si attribuiscono a P. Pio da Pietrelcina, dell'Ordine dei Minori Cappuccini, nel convento di San Giovanni Rotondo, che nessun dato è stato possibile raccogliere intorno alla loro pretesa soprannaturalità; ed esortava i fedeli a conformarsi a questa dichiarazione nel loro modo di comportarsi.

Raccolte ora, da ancor più numerose e sicure fonti, altre informazioni, la medesima Suprema Sacra Congregazione ritiene suo dovere esortare i fedeli con parole ancora più gravi affinché essi si astengano assolutamente dal visitarlo e dall’intrattenere con lui qualsiasi rapporto anche epistolare, per motivo di devozione».

       
Monito del Sant'Ufficio
 
 

 

 

A 38 anni: 1925
 
Gennaio del 1925: inaugurato l'ospedale San Francesco.


  Padre Pio giovane sognatore

Da quando Padre Pio era stato trasferito a San Giovanni Rotondo nel 1916, aveva in animo di realizzare un ambizioso progetto, quello di costruire un Ospedale in San Giovanni Rotondo. Il convento era circondato da povera gente, in un'area molto depressa del sud d'Italia, dove tubercolosi, pellagra, tifo, poliomielite, setticemia, meningite, influenza spagnola, morbillo e varicella erano endemici.


Nel gennaio 1925 su interessamento di Padre Pio, fu inaugurato un piccolo ospedale, denominato Ospedale San Francesco, che la Congregazione di Carità del luogo, di cui era presidente e amministratore il veterinario Dr. Leandro Giuva, con le offerte dei fedeli di Padre Pio, e il beneplacito del superiore del convento Padre Ignazio da Jelsi, era riuscita a ricavare ristrutturando i locali dell’ex convento delle Clarisse. L’Ospedale aveva una capacità ricettiva di 20 posti letto: 2 corsie di 8 letti ciascuna, una per uomini e una per le donne, e 2 camerette riservate con 2 posti letto ciascuna.

Le giovani che lavoravano presso il laboratorio francescano si erano prestate a preparare la biancheria necessaria. Prima le Suore Adoratici del Sacro Cuore e poi le Suore del Preziosissimo Sangue offrirono la loro disponibilità per l’assistenza ai ricoverati. Tutti i fedeli parteciparono con generose offerte.

L’Ospedale era diretto dal dottor Francescantonio Giuva, e dal dottor Angelo Maria Merla. Per l’esecuzione di difficoltosi interventi chirurgici, arrivava da Foggia, un paio di giorni la settimana, il chirurgo dottor Bucci.

Crollato l’edificio coi terremoti del luglio e dicembre 1937, rimase illesa la lapide di inaugurazione, dove si legge: «Padre Pio da Pietrelcina volle che in questo Comune sorgesse un ospedale. Egli raccolse tra i fedeli ammiratori i fondi necessari all’erezione dell’opera...».

Non venne mai meno in Padre Pio l’obiettivo scritto in quella lapide, quello cioè di costruire un Ospedale in San Giovanni Rotondo. Scomparso il piccolo Ospedale San Francesco, divenne più pressante il desiderio di portare avanti la realizzazione di un’opera che potesse assicurare un’adeguata assistenza sanitaria alla popolazione del circondario. (Giannuzzo, San Pio, 315) (Alessandro, Cireneo, 248-9) (Peroni, Padre Pio, 300).

 

 


La facciata dell'Ospedale San Francesco nel paese di San Giovanni Rotondo.

La lapide che commemora l'apertura nel 1925.


Il verbale con i membri della commissione che stabiliva l'Ospedale San Francesco.

 

Il dr. Leandro Giuva aveva un'impresa di trasporti con un servizio diretto tra San Giovanni Rotondo e Foggia

 

 

12 Aprile 1925: Paolina preziosi risuscita

Paolina Preziosi resuscita la notte di Sabato Santo del 1925. (Pasqua venne quell’anno il 12 aprile)

Il fatto fu riportato da Emanuele Brunatto e tanti altri. E’ stato inserito del libro di Edoardo Misuraca “Il Santo e il Peccatore. L’eccezionale vita di Emanuele Brunatto – primo figlio spirituale di san Padre Pio da Pietrelcina” , (Dati Editore) Edizioni Youcanprint Self – Publishing”, Tricase, Lecce. 2013, pagina 58-9.

Il giorno di Sabato Santo del  1925 “accadde l’episodio di Paolina Preziosi, che suscito’ un enorme emozione e scalpore, nella intera popolazione del paese.

Paolina era una buona madre di famiglia di cui Padre Pio spesso diceva: “Ha una coscienza cosi’ delicata che mette il confessore in imbarazzo, tanto e’ difficile trovare materia per l’assouzione, perchè priva di peccato alcuno.”

Essa, durante il periodo quaresimale di quell’anno 1925, si ammalò di polmonite doppia con complicazioni varie, tant’è che i medici la dichiararono in grave pericolo di morte.

Suo marito, accompagnato dai loro cinque figli, circondavano senza sosta il Padre, piangenti e supplicanti, ma Egli non rispondeva nulla, non riuscendo però a nascondere il suo dolore, che era lo stesso dolore che provavano le amiche di Paolina, che assediavano anch’esse il Padre all’uscita della clausura, per chiedergli di strapparla alla morte.

Improvvisamente, con uno dei suoi bruschi cambiamenti in cui la sua personalità sembrava sdoppiarsi, Padre Pio esclamòà“Paoletta resusciterà il giorno di Pasqua: Pregate! Pregate!”

Il venerdi santo lo stato di Paolina si aggravò ulteriormente, perdette conoscenza, e all’alba del sabato entrò in coma.

 

Alcuni familiari, disperati, accorsero al monastero per un ultimo, straziante appello ma, appena partiti, l’ammalata non dette alcun segno di vita, e quelli che erano rimasti con lei in casa la credettero morta, e corsero a cercare il suo abito da sposa, per rivestirla cosi’, per l’ultima volta e come da sua volontà.

Alla medesima ora – riporta Brunatto – io arrivavo in convento per le consuete funzioni del sabato santo, e incontrai in corridoio il Padre che – serrandomi forte il braccio fino a farmi male –mi disse, quasi gridando: “Prega! Prega! Prega!!! Sta morendo.”

Intanto, nella chiesa la folla di fedeli, parenti e amiche dell’ammalata, piangevano e pregavano ad alta voce, ma un improvviso silenzio calò allorquando Padre Pio – più pallido e sofferente che mai – apparve nel coro dell’altare: chi dirà l’eco misterioso che le profezie della Resurrezione ebbero quel mattino nel cuore del Padre quando – intonando il “Gloria” – la voce gli si strozzo in un singhiozzo!

 

In quel preciso istante in paese, Paolina ìgli occhi, gettò via le coperte, scese dal letto, si inginocchiò a terra e recitò tre volte di seguito il “Credo” ad alta voce.

 

 (Il fatto avvenne durante la veglia pasquale del 12 aprile 1925).

 

Tempo dopo, (continua Emanuele Brunatto) quando interrogai Paolina sull’avvenimento, mi rispose: “Non so dirti don Emanuele, non so dirti altro ma – quel mattino –fui come strappata via da una meravigliosa luce sovrannaturale.” (Edoardo Misuraca, “Il Santo e il Peccatore. L’eccezionale vita di Emanuele Brunatto – primo figlio spirituale di san Padre Pio da Pietrelcina” , (Dati Editore) Edizioni Youcanprint Self – Publishing”, Tricase, Lecce, 2013, pagine 58-9)

 

Oscar De Liso aggiunge “Adesso, nel  1929, Paolina Preziosi si raccolse in preghiera sulla tomba di Maria Giuseppa Forgione” (madre di Padre Pio, morta il 3 gennaio 1929) (pag. 98 del libro di De Liso). (Oscar De Liso,  Padre Pio. The biography of the first priest to bear the wounds of Christ, All Saints press, New York, second printing, 1965, pag. 98.  La prima edizione del libro era del 1964. Questo libro fu pubblicato con l’Imprimatur del Cardinale Spellman) (Pascal Cataneo, Padre Pio gleanings, Editions Paulines, Quebec Canada, 1991, pag. 123. Prima edizione “I fioretti di Padre Pio”, Edizioni Dehoniane, Roma, 1988)  Fatto riportato anche da (Charles Carty, The stigmatist),  e tantissimi altri.




30 aprile 1925: Calunnie

Si ricorda quanto avvenuto a Fossombrone nel periodo 18 aprile - 3 maggio 1925 in occasione della ricorrenza del terzo centenario della morte del cappuccino Beato Benedetto Passionei.

Alla cerimonia celebrativa del 30 aprile 1925 erano presenti il cardinale Francesco Ragonesi e numerosi Vescovi, e fra questi i seguenti cinque vescovi  Cappuccini: mons. Sebastiano Cornelio Cuccarollo, vescovo di Bovino; mons. Gherardo Menegazzi, vescovo di Comacchio; mons. Andrea Giacinto Longhin, vescovo di Treviso; mons. Luigi Baccini, vescovo di Urbania e Sant’Angelo in Vado; mons. Angelo Fiorini, vescovo di Pontremoli.

Le celebrazioni furono chiuse dal cardinale Francesco Ragonesi, il quale informò i presenti che, alla Concistoriale, «un Vescovo» aveva fatto dichiarazioni particolarmente pesanti nei confronti di Padre Pio.

Questo Vescovo - precisò il cardinale Ragonesi - aveva dichiarato di avere visto il Padre incipriarsi e profumarsi e di avere trovato nella sua cella, sotto il letto, bottigliette di acido nitrico usate per procurarsi le stimmate, dicendo anche, a conclusione di tali dichiarazioni:

«Padre Pio è un indemoniato. Ve lo dico io: è indemoniato, e i frati di San Giovanni Rotondo sono una banda di truffatori».

 Il vescovo Longhin, ascoltato il cardinale Ragonesi, si appartò assieme agli altri Vescovi Cappuccini per discutere sulle restrizioni sempre più pesanti imposte a Padre Pio e sulle infamanti calunnie che gli venivano rivolte.

Tutti decisero di muoversi in aiuto del Padre. Tutti pregarono mons. Cuccarollo, che reggeva la diocesi di Bovino poco distante da San Giovanni Rotondo e da Manfredonia, di farsi carico di una indagine sulle calunnie e sui calunniatori di Padre Pio.

Monsignor Cuccarollo accettò l’incarico e, come meglio sarà detto nelle pagine che seguono, non tardò ad individuare il vescovo accusatore di Padre Pio nella persona di mons. Gagliardi, arcivescovo di Manfredonia, riuscendo anche a raccogliere una ricca documentazione sull’origine delle calunnie contro il Padre.
(Giannuzzo, San Pio, 253) (Chiocchi e Cirri, vol 1, 530-1)  (Luigi Peroni, Padre Pio, 325)


Cardinale Francesco Ragonesi

   

Mons. Sebastiano Cuccarollo 

 

     

Mons. Andrea Longhin

 

 

 

Maggio 1925: Padre Pio a Maria Gennai: “Ma perchè strilli tanto? Non vedi che il tuo figlio dorme?

 

Da varie fonti: "E' il maggio del 1925 quando la notizia di questo umile frate che guarisce gli storpi e risuscita i morti, corre veloce sui fili del telegrafo di tutto il mondo.

 

Maria Gennai  aveva un bimbo di poche settimane, il quale era talmente ammalato e, malgrado tutte le cure mediche, ormai galoppava verso la morte. Allora la donna, in un impeto supremo di fede, volle tentare di salvarlo portandolo dal Padre Pio e sperando che la sua intercessione presso il Signore lo guarisse.

 

Il viaggio era lungo, ma essa non si perse di coraggio e si mise ugualmente in treno. Durante il tragitto però, sia per le condizioni del bimbo sia per i disagi del viaggio, il bimbo morì. Allora la donna prese il morticino, lo avvolse in alcuni indumenti e lo rinchiuse nella valigia di fibra.

Arrivata a S. Giovanni Rotondo, corse in chiesa e si mise in fila con le donne per confessarsi, tenendo in mano la valigia.

 

 Quando arrivò il suo turno, s'inginocchiò davanti a Padre Pio e aprì la valigia, piangendo disperatamente.

 

All'episodio assisteva il medico Dottor Sanguinetti, convertito e braccio destro di Padre Pio nell'opera della Casa Sollievo della Sofferenza. Egli si rese conto subito che il bimbo, se anche non fosse morto per la malattia di cui soffriva, lo sarebbe stato certamente per soffocamento, date le lunghe ore passate nella valigia durante il lungo viaggio.

 

Padre Pio, davanti a quello spettacolo impallidì e si commosse profondamente; poi, sollevato lo sguardo in alto, pregò qualche minuto intensamente.

 

Poi, rivolgendosi improvvisamente alla madre del bimbo, le gridò: «Ma perché strilli tanto? Non vedi che tuo figlio dorme?».

 

Era vero: ora il bimbo dormiva placidamente. Le grida di gioia della madre e di tutti quelli che avevano assistito all'episodio non si possono descrivere.

(Pascal Cataneo, Padre Pio gleanings, Editions Paulines, Quebec Canada, 1991, pagg 110-11. Prima edizione “I fioretti di Padre Pio”, Edizioni Dehoniane, Roma, 1988) (C. Bernard Ruffin, Padre Pio: The True Story, Our Sunday Visitor Publishing Division, Huntington, Indiana, USA, 1991, pagg.338-9) (Enrico Malatesta, co, La vera storia di Padre Pio, Edizioni Piemme, Casale Monferrato, 1999, pagg. 182-3)



Nel mese di giugno del 1925 Emanuele Brunatto si recò a Roma, dove poi fu raggiunto dal sindaco Morcaldi, con due plichi di documenti.

primo vi erano testimonianze a favore di Padre Pio e della sua santità di vita, nel secondo, invece erano raccolti documenti e testimonianze contro gli accusatori di Padre Pio. (Mischitelli, 468)

 

 

19 giugno 1925: La moglie di Alberto Del Fante

 Alberto Del Fante raccontò a Don Pierino Galeone qualche anno dopo: "Io ero nella massoneria, e feroce anticlericale.

 

Mia moglie era ammalata di tumore, moribonda, senza alcuna speranza. Ella mi chiese piangendo di andare da Padre Pio per chiedergli la guarigione.

 

Io le dissi che va bene ci andavo, ma non perché ci credevo, ma per giocare un terno al lotto. (Era il 19 giugno 1925). Io ci andai, ascoltai la lunga Messa e mi misi in fila per la confessione. Giunto il mio turno non mi inginocchiai subito.

 

Padre Pio: "Giovanotto, non mi fate perdere tempo! Che siete venuto a fare, a giocare un terno al lotto? Fulminato dalla ripetizione della mia espressione mi inginocchiai ma ero impreparato e non sapevo cosa dire. Ma Padre Pio cambiò voce, divenne dolce e paterno, e sotto forma di domande mi svelava ogni peccato della mia vita passata: e di peccati ne avevo tanti.

 

Mentre col volto nascosto tra le mani piangevo curvo sull'inginocchiatoio, Padre Pio mi sussurrò singhiozzando: "Figlio mio, mi sei costato il meglio del mio sangue." Poi mi sussurrò: "Dammi una mano ad aiutare gli altri." E aggiunse: "Salutami tua moglie."

 

 Tornai a casa, concluse Alberto del Fante, mia moglie era guarita." (Pierino Galeone, Padre Pio mio padre, Edizioni  San Paolo, seconda edizione 2009, pagg. 63-5) (Fr. Charles Morimer Carty, Padre Pio the stigmatist, TAN books Charlotte North Carolina, 2010, pag.83-7)

Alberto del Fante, in ginocchio (tutto a destra) per ricevere la comunione da Padre Pio

 



Il 28 settembre 1925
venne al convento il dr. Giorgio Festa.

Il primo ottobre Padre Pio gli chiese un consulto per un'ernia inguinale che da qualche anno non gli dava tregua. Il medico si rese conto che bisognava intervenire chirurgicamente.


Il 5 ottobre 1925 Padre Pio subì un'operazione di riduzione d'ernia inguinale destra, in una cella del convento trasformata in infermeria. Padre Fortunato da Serracapriola fece da infermiere. Il dr. Angelo Merla fece da assistente.

   
Dr. Giorgio Festa e Padre Fortunato.


             
Oggetti usati per l'operazione e conservati
 

1925: Dr. Giorgio Festa: un pannolino profumato.

  Il dr. Giorgio Festa scrisse: "Nella mia prima visita tolsi dal suo costato un pannolino intriso di sangue, che portai con me per una indagine microscopica. Io personalmente, essendo privo del senso dell'odorato, non ho sentito nessuna speciale emanazione: però, le persone che al ritorno a Roma stavano in automobile con me, pur non sapendo, sentirono molto bene la fragranza, e mi assicurarono che corrispondeva al profumo di Padre Pio.

Nei giorni successivi e per un lungo periodo di tempo, lo stesso pannolino, conservato in un mobile nel mio studio a Roma, ne profumò così bene l’ambiente, che molte tra le persone che venivano a consultarmi, me ne hanno domandato spontaneamente l'origine." (Capuano, Con P. Pio, 268-9)  (Giorgio Festa,  Misteri di scienza e luci di fede, Arte della Stampa, Roma, 1933, pagg. 152ss)


Un pannolino come quello descritto dal dr. Festa

Festa: radiazioni luminose.

Il dr. Giorgio Festa scrisse che mentre osservava la ferita del costato "fresca e vermiglia a forma di croce", "l'escara che la copriva era caduta e dai suoi contorni si sprigionavano brevi, ma evidenti radiazioni luminose." (Dr. Giorgio Festa, Misteri di scienza e luci di fede, Arte della Stampa, Roma, 1933, pag. 215)

 

 

 

A 39 anni: 1926

All’inizio del 1926 vi fu una torbida vicenda del canonico Miscio.

Il canonico Giovanni Miscio, insegnante nelle scuole elementari di San Giovanni Rotondo, aveva preparato un manoscritto contenente tutte le infamanti calunnie che in quel periodo circolavano contro Padre Pio. Fece leggere il manoscritto a molti, dicendo che stava per essere pubblicato.

Ne parlò anche con una sua collega, l’insegnante Maria Pompilio, la quale, spaventata, si rivolse subito a Brunatto confidandogli l’intenzione del canonico e precisando che il tutto poteva essere evitato col versamento di £. 5.000 da parte dei familiari di Padre Pio.

Brunatto mise a conoscenza della vicenda il fratello del Padre, Michele Forgione, e si diede subito da fare. Ebbe un incontro con don Miscio per chiedergli il manoscritto. Il canonico voleva £. 5.000, ma poi si misero d’accordo per £. 3.000.

Padre Alberto D’Apolito, in un memoriale datato 17 maggio 1983, così racconterà il seguito della vicenda:

«Prima di consegnare il denaro, il Brunatto stese la querela contro Miscio e avvisò i carabinieri. Nel giorno stabilito, all’ora fissata, i carabinieri nascosti, dopo la consegna del denaro, lire 3.000 in contanti, e la firma di don Giovanni sulla ricevuta, intervennero e lo arrestarono.

Era il 5 gennaio 1926. “La Gazzetta di Puglia” il 10 gennaio 1926 pubblicò la notizia del fermo di don Giovanni e del suo misfatto.

Padre Pio, che era rimasto perfettamente ignaro della faccenda, quando seppe la notizia ebbe un tremendo colpo, cadde quasi in deliquio, poi pianse e rimproverò Brunatto, il fratello Michele e l’avv. Morcaldi. Si adoperò subito per farlo scarcerare.

La querela inoltrata non potette più essere ritirata. Allora Padre Pio supplicò di usargli clemenza.

Il 2 dicembre 1926 il Tribunale di Foggia lo condannò a tre mesi di reclusione e alla multa di £. 1.000. Sospese l’esecuzione della pena per il termine di cinque anni...

La Corte di Appello di Bari [nel maggio 1929] accolse il ricorso del Pubblico Ministero e il Presidente Dr. Cuccurullo trasformò la condanna in 20 mesi di reclusione con tanta amarezza e dolore di Padre Pio» (Mischitelli, 473-7)


   
Maria Pompilio riceve la comunione da Padre Pio


Padre Pio con il suo fratello maggiore Michele Forgione


Emanuele Brunatto (cappello) con Padre Pio


Il sindaco Morcaldi con Padre Pio


Padre Alberto d'Apolito con Padre Pio

 23 aprile 1926: libri all'Indice
 
Il 26 aprile 1926 fu pubblicata su "Acta Apostolicae Sedis" la notificazione che il libro di Giuseppe De Rossi (pseudonimo di Emanuele Brunatto) dal titolo "Padre Pio da Pietrelcina" era inserito nell'Indice del libri proibiti.

".. Non può, senza il dovuto permesso, nè stamparsi, nè leggersi, nè ritenersi, nè vendersi, nè tradursi in altre lingue, nè comunque comunicarsi con gli altri."

 Nella stessa notificazione si ricordava ai fedeli che era il loro dovere di non visitare Padre Pio, e che era proibito scrivergli.

"...riguardo al sunnominato Padre Pio da Pietrelcina... i fedeli sappiano essere loro dovere astenersi dall'andare a visitarlo, o mantenere con lui relazioni, anche semplicemente epistolari."
 

Indice dei libri proibiti dal sant'Ufficio

 
Il libro proibito di Giuseppe De Rossi, alias per Emanuele Brunatto

         
Decreto, libro di De Rossi Brunatto, monito ai fedel

11 luglio 1926: Indice

L'11 luglio 1926 fu messo all'Indice il libro di Giuseppe Cavaciocchi "Padre Pio da Pietrelcina. Il fascino e la fama mondiale di un umile e grande francescano." Anche in quest'occasione il Sant'Ufficio ne approfitto' per ricordare in maniera ancora piu' forte ai fedeli di non visitare Padre Pio e di non scrivergli lettere
 
           
Decreto e monito ai fedeli

 
 
libro di Cavaciocchi
 
18 maggio 1926: Padre Bernardo

Il 18 maggio 1926 il commissario Padre Bernardo d'Alpicella scrive a Padre Pio una lettera riservata:

"...Mi si scrive che le seguenti signore... vengono spesso spesso a parlare con lei...Io non so come non senta il bisogno, dirò meglio, la necessità di allontanare un po' alla volta codeste chiacchierone...

Anche le Serritelli , veda con belle maniere di tenerle lontane.

Così il prof. Emanuele (Brunatto) si deve una buona volta e per sempre allontanare dal convento. Per me è un fanatico. (Posito, III, 1, pag. 284) (Mischitelli 482)
 
Padre Bernardo d'Alpicella


Angela Serritelli bacia la mano a Padre Pio; il fratello di Angela guarda contento

 
Emanuele Brunatto




18 agosto 1926: Padre Bernardo


Il 18 agosto 1926, ancora il commissario a Padre Pio, in una lettera riservata consegnata a mano: "... Lo stare di queste fanatiche sangiovannesi... quasi tutto il santo giorno attorno alla sua persona, è cosa che affatto non va e che deve assolutamente e presto finire! O lei si adopera e subito a tenerle lontane... o io le proibisco di più andare al confessionale delle nonne. Creda che ormai ne ho piene le tasche. (Positio  II, 1380) (Mischitelli, 484-5)

Padre Pio rispose lo stesso giorno 18 agosto: "... Io non avvicino nessuno e non conosco altro della chiesa che l'altare e il confessionale....Per accertarsene incarichi chiunque dei nostri confratelli che tenga un po' dietro a questa faccenda..." (Epistolario IV, 98-9)
 

Padre Bernardo, commissario provinciale dei cappuccini



     
Figlie spirituali di Padre Pio

     
Figli spirituali di Padre Pio

     
Figlie e figli spirituali

 

 

 

Torna all'Indice                              Capitolo 9