Capitolo 2: A 15 e 16 anni

 

 

Le tre visioni: L'orrida armata nera sconfitta (1902 - 3)

Il 6 gennaio 1903 Francesco Forgione, il futuro Padre Pio, entrò nel noviziato di Morcone.

Nelle tre settimane che precedettero il viaggio, tra Natale 1902 e l'Epifania 1903 Francesco ricevette tre visioni.

La prima visione avvenne pochi giorni prima del Natale 1902.
La seconda avvenne il primo gennaio 1903.
La terza visione avvenne il 5 gennaio 1903.

Per molti anni non ne parlò con nessuno fino a quando, per ordine del suo direttore spirituale, dovette mettere per iscritto una delle sue prime esperienze mistiche.

Qui sotto è riportato il racconto scritto di suo pugno da Padre Pio, e pubblicato nel primo volume dell'Epistolario.

Padre Pio parla di se stesso in terza persona chiamando umilmente se stesso "quest'anima poverina".


Prima visione.

«Tutto ciò che andrò narrando in questo povero mio scritto vi sono astretto in virtù di santa ubbidienza. Con quanta ripugnanza io il faccia Dio solo può comprenderlo a fondo, Egli solo mi è testimone. E se Egli non avesse ben fortificato il mio spirito pel rispetto che si deve all’autorità, recisamente mi sarei rifiutato sino alla ribellione e giammai mi sarei indotto a mettere in iscritto ciò che sono per iscrivere, conoscendo bene a fondo la malizia di quest’anima che venne favorita di sì segnalati favori del cielo. Piaccia a Dio assistermi e fortificare il mio spirito da sapermi bene padroneggiare sopra lo scompiglio che sento in me nel manifestare ciò che verrò narrando.

Prima chiamata straordinaria fatta a quest’anima affinché lasciasse il mondo e la via della propria perdizione per dedicarsi intieramente al servizio di Dio.

Quest’anima aveva sentito fin dai più teneri anni forte la vocazione allo stato religioso; ma col crescere degli anni, ahimè! quest’anima andava bevendo a larghi sorsi la vanità di questo mondo. La vocazione da una parte che si faceva sentire forte in quest’anima ed il dolce ma falso diletto di questo mondo incominciano potentemente a lottare fra loro nel cuore di questa poverina, e forse e senza forse il senso coll’andare del tempo avrebbe di certo trionfato sullo spirito e soffocato il buon seme della di-vina chiamata.

Ma il Signore, che voleva quest’anima per sé, volle favorirla di questa visione.

Mentre stava un giorno meditando sopra la sua vocazione ed il come risolversi per dare un addio al mondo e dedicarsi intieramente a Dio in un sacro recinto, fu subitamente rapita dai sensi e portata a mirare coll’occhio dell’intelligenza oggetti diversi da quelli che si vedono con gli occhi del corpo.

Si vide al suo fianco un uomo maestoso di una rara bellezza, splendente come il sole. Questi il prese per mano e si sentì da Lui dire: “Vieni con me perché ti conviene combattere da valoroso guerriero”. Il condusse in una spaziosissima campagna.

Quivi era una gran moltitudine di uomini: questi erano divisi in due gruppi.

Da una parte vide uomini di volto bellissimi e ricoperti di vesti bianche, candide come le nevi; da un’altra parte, che era il secondo gruppo, vide uomini di orrido aspetto e vestiti di abiti neri a guisa di ombre oscure.

Fra questi due grossi gruppi di personaggi vi era in mezzo un grande spazio e qui venne collocata quest’anima dalla sua guida. Se ne stava quest’anima tutta intenta ad ammirare questi due gruppi di uomini, ecco all’improvviso avanzò in mezzo di quello spazio che divideva i due gruppi un uomo di smisurata altezza da toccare con la fronte le nuvole; il di lui volto (.....) era orrido.

A tal vista la povera anima si sentì tutta sconcertata, sentì che la vita le si era arrestata. Quello strano personaggio si avanzava sempre più alla sua volta: la sua guida che l’era d’accanto le disse che con quell’individuo doveva ella battersi.

A tali parole la poverina impallidì, tremò tutta ed era sul punto di cadere tramortita per terra, tanto era il terrore che in se stessa aveva sperimentato.

La guida la sostenne per un braccio e, quando si ebbe la poverina riavuta un po’ dallo spavento, si volge alla guida pregandola a volerla risparmiare dall’esporla al furore di quello sì strano personaggio, perché le diceva essere sì forte da non bastare per atterrarlo neppure le forze di tutti gli uomini uniti insieme.

Vana è ogni tua resistenza, con questi ti conviene azzuffarti. Fatti animo: entra fiducioso nella lotta, avanzati coraggiosamente che io ti starò d’appresso; io ti aiuterò e non permetterò che egli ti abbatta; in premio della vittoria che ne riporterai ti regalerò una splendida corona che ti fregerà la fronte”.

La poverina si fa animo; entra in combattimento con quel formidabile e misterioso personaggio. L’urto fu formidabile, ma mediante l’aiuto che le veniva apprestato dalla guida, che mai si distaccò da lei, alla fine lo supera, lo abbatte, lo vince costringendolo alla fuga.

La guida allora, fedele a la promessa, estrae da sotto le sue vesti una corona di rarissima bellezza, che vano sarebbe di poterla descrivere, e glie la pone in testa, ma subito se la ritira dicendo:

Un’altra più bella ne tengo per te riserbata se tu saprai bene lottare con quel personaggio col quale or ora hai tu combattuto. Egli ritornerà sempre all’assalto per rifarsi dell’onore perduto; combatti da valoroso e non dubitare del mio aiuto. Tieni ben aperti gli occhi perché quel personaggio misterioso si sforzerà di agire contro di te per sorpresa. Non ti spaventi la di lui molestia, non paventare della di lui formidabile presenza, rammentati di quanto ti ho promesso: io ti sarò sempre d’appresso: io ti aiuterò sempre, affinché tu riesca sempre a prostrarlo”.

Vinto che fu quell’uomo misterioso, tutta quella gran moltitudine di uomini di orrido aspetto si pose in fuga fra urli, imprecazioni e grida da stordire, mentre si sprigionava dai petti di quell’altra moltitudine di uomini di vaghissimo aspetto voci di applauso e di lodi verso quell’uomo splendido e luminoso più del sole, che aveva assistito sì splendidamente in sì aspra battaglia la povera anima.

Così finì la visione.

La povera anima, per questa visione avuta, rimase sì piena di coraggio che le sembravano mille anni per romperla eternamente col mondo per dedicarsi intieramente al divin servigio in qualche istituto religioso»



Seconda visione.
 
«Il significato della su riferita visione [la prima visione] venne compreso da quest’anima, ma non chiaramente.

Il Signore però il significato di questa simbolica visione volle manifestarglielo con un’altra visione po-chi giorni innanzi che entrasse in religione. Dico pochi giorni innanzi, perché lei aveva già avanzata la domanda presso quel superiore provinciale e ne aveva già ricevuta da questo la risposta di accettazione, quando il Signore la degnò di quest’altra visione, la quale fu puramente intellettuale.

Era il giorno della Circoncisione di Nostro Signore, cinque giorni innanzi della di lei partenza dalla casa paterna. Si era già comunicata e mentre se ne stava in trattenimento col suo Signore fu istantaneamente investita di luce soprannaturale interiore.

Per mezzo di questa luce purissima fulmineamente comprese che la di lei entrata in religione per dedicarsi al servizio del celeste Monarca altro non era che esporsi alla lotta con quel misterioso uomo d’inferno con il quale aveva sostenuto la battaglia nella visione precedentemente avuta.

Comprese ancora, e questo valse a rincuorarla, che sebbene i demoni fossero stati presenti ai di lei combattimenti per ridersi delle di lei sconfitte, dall’altro lato non vi era da temere perché ai di lei combattimenti avrebbero assistito gli angioli suoi per applaudire alle sconfitte di satana.

E gli uni e gli altri eran simboleggiati nei due gruppi di uomini che aveva visto nell’altra visione.

Comprese, inoltre, che il nemico, col quale doveva lottare, sebbene terribile, pur non doveva temere, perché Lui stesso, Gesù Cristo, figurato in quell’uomo luminoso che le aveva fatto da Guida, l’avrebbe assistita e sempre le sarebbe stato da vicino per aiutarla e premiarla in Paradiso per le vittorie che ne avrebbe riportato, purché, affidata a lui solo, avesse combattuto con generosità».

 
Terza visione 

«Questa visione rese generosamente forte quest’anima nel dare l’ultimo addio al mondo.

Ma non è da credersi però che quest’anima nulla avesse a soffrire nella parte inferiore per l’abbandono da dare ai suoi ai quali si sentiva fortemente legata. Sentiva macinarsi persino le ossa in questo abbandono da fare e questo dolore lo sentiva sì al vivo che era sul punto di svenire.

Come si appressava il giorno della sua partenza questo strazio andava sempre più crescendo. La notte, l’ultima che passava con i suoi, il Signore venne a confortarla con un’altra visione.

Vide Gesù e la Madre Sua che in tutta la loro Maestà presero ad incoraggiarla e ad assicurarla della loro predilezione. Gesù, infine, le posò una mano sulla testa, e tanto bastò per renderla forte nella parte superiore dell’anima, da non farle versare neppure una lacrima nel doloroso distacco, nonostante il doloroso martirio che la straziava nell’anima e nel corpo».
(Epistolario I, 1279-1284) (Giannuzzo, San Pio, 25-30)
 

 

 

1903: anno di noviziato a Morcone

Penoso distacco dalla famiglia a quindici anni.
 
 In una lettera a Padre Benedetto, anni dopo, Padre Pio descrisse come fu difficile allontanarsi da Pietrelcina: "Quest'anima sentiva macinarsi persino le ossa per l'abbandono da fare, e questo dolore lo sentiva sì al vivo che era sul punto di svenire." (Padre Fernando da Ripabottoni,  Crocifisso senza croce, pag. 61) (Epistolario I, pagg 1283-4)


6 gennaio 1903: Partenza da Pietrelcina per il noviziato.
Il 6 gennaio 1903, dopo aver ascoltato la Messa, Francesco salutò parenti e amici venuti a casa per l'occasione. La mamma gli regalò una corona del Rosario, ancora conservata, dicendogli: "Prendi, figlio mio, e recita molti rosari! Questa corona sarà la dolce catena che ci terra' sempre uniti." (Padre Pio Capuano, Con p. Pio come in una fiaba, pag. 90)
      Vedute di Morcone

  Il viaggio per Morcone fu fatto in treno e durò poco più di un'ora.
Oggi i treni che partono o arrivano a Pietrelcina sono pochi. L'edificio merci è in disuso. 
 
Francesco era accompagnato da don Nicola Caruso in rappresentanza del parroco, il Maestro Caccavo, e altri due aspiranti religiosi Vincenzo Masone e Antonio Bonavita. (Leone, Infanzia, 106)

Quando bussarono al convento di Morcone, la porta fu aperta da Fra Camillo, che disse: «Eh, Francì! Bravo, bravo! Sei stato fedele alla
promessa e alla chiamata di San Francesco». (Positio II, 295)
 
    Fra' Camillo accoglie Francesco Forgione nel noviziato
 
Il superiore dei frati era padre Francesco Maria da Sant'Elia a Pianisi, e il maestro dei novizi era padre Tommaso da Monte sant'Angelo. I tre aspiranti furono ricevuti da una commissione di frati che fece la prima valutazione. Francesco e Vincenzo furono approvati. Antonio non aveva ancora compiuto i quindici anni, e fu rimandato a casa a Pietrelcina con il maestro Caccavo.



A Francesco fu assegnata la cella n. 18   
In seguito venne spostato alla cella n. 28
 

     La cella di Padre Pio
 
La cella aveva un letto fatto con assi di legno. Sopra c'era un materasso riempito di foglie di granturco, un tavolino, una sedia, un catino con la brocca dell'acqua, finestra sul chiostro, e sul muro un crocifisso di legno.
 
22 gennaio 1903: cambio del nome da Francesco a Pio da Pietrelcina, e vestizione del saio


Dopo alcuni giorni di necessario assestamento, iniziò la preparazione immediata alla vestizione, che consisteva in una settimana di esercizi spirituali, che accentuava le già rigide norme del silenzio, delle penitenze corporali, incluso il mangiare in ginocchio nei giorni dispari, e pane e acqua il venerdì. Forse neppure i frati odirni riescono ad immaginare la grama vita conventuale di allora. (Mischitelli, Padre Pio, 49)

Per due settimane gli aspiranti religiosi continuarono ad indossare gli abiti borghesi, fino al 22 gennaio, giorno della vestizione.

La solenne cerimonia della vestizione di quattro novizi fu presieduta dal provinciale, padre Pio da Benevento. I quattro smisero gli abiti borghesi e indossarono la tonaca, il capperone col cappuccio, il cingolo, e ricevettero un nome nuovo. Giovanni di Carlo divenne fra Anastasio da Rojo; Vincenzo Masone divenne fra Filippo da Pietrelcina; Salvatore Pranzitella divenne fra Sebastiano da Campobasso; e Francesco Forgione divenne fra Pio da Pietrelcina. (Giannuzzi, Padre Pio, 34)
 
  Attestato di vestizione dell'abito cappuccino
 
Negli archivi del noviziato si trova l’attestato di vestizione di fra Pio redatto dal maestro dei novizi nel quale si legge:
«I.M.I.F. - Morcone, 22 gennaio 1903. Il chierico fra Pio da Pietrelcina, che al secolo chiamavasi Forgione Francesco, con l’obbedienza del molto reverendo padre Pio da Benevento e dietro il decreto del reverendissimo padre generale del 21 gennaio 1903, fu vestito dei panni di probazione da me fra Tommaso da Monte S. Angelo, maestro dei novizi, in questo giorno 22 gennaio 1903, alle ore 9 antimeridiane, in questa nostra chiesa di Morcone, avanti all’altare maggiore, presenti i religiosi professi ed i novizi.»
 
 
Giornata tipica dei novizi a Morcone. (Ruffin, Padre Pio, 48-52) (Giannuzzi, San Pio, 37-8)
 
La giornata cominciava alle cinque quando un confratello agitava una battola  (normalmente usata durante le funzioni della settimana santa in sostituzione dei campanelli) nel corridoio, per la sveglia.
 
(Una battola si vede nella foto sopra il camino del fuoco comune).

Il novizio doveva alzarsi, rifare il letto, e metterci sopra un grosso Crocifisso di ferro.
Poi doveva lavarsi e scendere in chiesa per la meditazione e la Messa.
Alle 8 c'era la colazione di olio e pane bollito.
Il refettorio
 
Dopo colazione il novizio tornava in cella per studiare le regole e costituzioni dell'Ordine, un libriccino di una ventina di pagine.
Per tutto l'anno del noviziato non era consentito di leggere alcun altro libro.
 
Il pozzo del convento.
 
 
Dalle 11 alle 12 venivano svolti lavori vari nel convento, come per esempio attingere l'acqua al pozzo, pulire la chiesa e il convento.
Alle 12 c'era il pranzo, consistente in pane e stufato. Molti frati avanzati negli anni ricordavano la terribile fame che avevano sofferto nell'anno di noviziato. Gherardo Leone ne interrogo' alcuni e riporto': "La fame attanagliava quei giovani che, a casa loro, erano abituati  a un cibo forse semplice, ma abbondante. Ci si alzava sempre da tavola senza aver saziato la fame: era un vero e proprio supplizio per quei giovani corpi robusti." (Chiron, Una strada di misericordia, pag.34)

Il pranzo era seguito da una passaggiata nell'orto, dove frati e novizi, camminando incolonnati, recitavano preghiere.

Alle 14,30 si ritornava in coro e dopo poco ancora studio fino alle 17.


Dalle 17 alle 19 c'erano lavori vari.
 
            Il coro




          Vedute dell'orto e del giardino a Morcone com'è oggi.
 

Alle 19 meditazione e rosario.

Alle 20 c'era la frugale cena.


La cena era seguita da mezz'ora di ricreazione. Questo era l'unico tempo del giorno in cui si poteva parlare.


Alle 21 il novizio tornava in cella per preghiere personali, esame di coscienza, e riposo notturno.

Poi, senza spogliarsi, con indosso lo stesso abito del giorno, si coricava supino sul letto e raccoglieva il saio fra le gambe, posizione questa prescritta per mortificare il corpo. In questa posizione, si doveva, con il cordone, fissare al fianco destro il grosso Crocifisso di ferro, posto sul letto durante il giorno, e tenerlo stretto al cuore con le braccia in croce sul petto. (Giannuzzi, San Pio, 37)

A mezzanotte tutti si alzavano,  e in processione raggiungevano il coro per recitare il "Mattutino" e "Le Lodi."


Dopo un'ora e mezza ritornavano a letto, cercavano di dormire sino alla sveglia delle 5 di mattina.

 
Disciplina  (flagellazione).

Dopo cena, nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì c'era la disciplina. I novizi e i religiosi della comunità, nel coro, a luci spente, si toglievano l'abito e flagellavano con una catena il torso nudo, recitando il Miserere e meditando sulla Passione di Cristo.
 
Cilicio nel museo del convento di Morcone.    Cilicio nel museo di San Giovanni Rotondo
 
 
 
  Alcuni dettagli di vita nel noviziato ai tempi di Padre Pio
 
* Oltre alla disciplina, c'era il silenzio perpetuo, il totale distacco dalle cose e dagli affetti terreni.
Ogni minima infrazione alla Regola veniva severamente punita.
Se uno rompeva il silenzio nei tempi proibiti, doveva stendersi sul pavimento con le braccia distese a forma di croce, e recitare cinque Pater Noster e cinque Ave Maria.
(Ruffin, Padre Pio, 50)

* Nel convento non c'era riscaldamento, e d'inverno c'era freddo intenso. Il maestro dei novizi poteva dare un breve permesso di riscaldarsi al fuoco comune, un locale con camino sempre acceso.

* Numerosi erano i digiuni imposti dalla Regola. Si digiunava tutti i venerdi' dell'anno, il digiuno in onore della Madonna dal 30 giugno al 15 agosto, il digiuno dell'Avvento dal 2 novembre al 25 dicembre, e la Quaresima da mercoledi' delle ceneri al venerdi' santo.


Alla vigilia delle feste della Madonna e dei Santi dell'Ordine, si mangiava per terra, in ginocchio.


La disciplina era dura e pochi potevano resistere. Dopo un mese dall'inizio del noviziato solo due dei quatto frati rimasero, Fra Pio da Pietrelcina e fra Anastasio da Rojo. 

* Ognuno lavava i propri panni nel rannaio, alternando avemarie al tonfo dei panni battuti nell'acqua e sulla pietra del lavatoio.


*Anche quando pulivano le latrine i novizi dovevano recitare il rosario ad alta voce o cantare inni sacri. 

*Gli altri frati del convento portavano i sandali ai piedi, senza calze. I novizi erano sempre a piedi nudi.

* I novizi dovevano dormine sul dorso, vestiti col saio, con le braccia incrociate sul petto, a forma di croce, per respingere meglio ogni assalto del demonio. (Ruffin, Padre Pio, 48-9)

*Gli indumenti che passava il convento erano di varie misure, ma venivano sempre distribuiti a caso, proprio per offrire al giovane religioso l'occasione di adattarsi a tutte le difficolta'. A un individuo di taglia robusta poteva capitare una camicia piccola e stretta, e a un mingherlino, un camicione enorme. (Allegri, La vita e i miracoli, 64)

*Padre Tommaso molto probabilmente soffriva di stato epilettico non-convulsivo, con assenze prolungate possibilmente per ore, senza manifestazioni motorie.
Il novizio non poteva iniziare attività senza la sua benedizione. Poteva così accadere che Padre Tommaso fosse soggetto ad assenza proprio quando il novizio stava in ginocchio pronto per ricevere la sua benedizione. In tal caso il novizio aspettava, magari per ore, in ginocchio nel freddo, che Padre Tommaso ritornasse alla normalita'. (Vedi Peroni, Padre Pio, 82)
 

      Fuoco comune      La cucina del convento   Il rannaio

   Padre Anastasio da Rojo in piedi con gli occhiali, in una foto con Padre Pio e altri frati scattata anni dopo. 

Padre Tommaso da Monte Sant'Angelo, maestro dei novizi.
 


Il dono di grosse lacrime abbondanti.

Padre Placido
Padre Placido (Fernando Bux) da San Marco in Lamis, compagno di noviziato, scrisse di fra Pio: «La sua meditazione era sempre sulle pene del Crocifisso. Durante la meditazione in coro piangeva a grosse lacrime, tanto che sul pavimento di tavole lasciava un macchione. Per non essere canzonato da qualche compagno burlone, che lo prendeva in giro perché bagnava il suo posto in coro, fra Pio prese l’abitudine di mettere a terra il fazzoletto in modo che le lacrime andavano su questo e, quando il superiore dava il segno di andare via, si prendeva il fazzoletto e sul pavimento non appariva niente più.» (Padre Fernando da Riese Pio X, Crocifisso senza croce,  pag.63)

Padre Leone da San Giovanni Rotondo: "... ora con una scusa, ora con un'altra entravo spesso in cella sua e lo trovavo, quasi sempre, a pregare in ginocchio e con gli occhi arrossati di pianto. Potrei dire che egli era uno studente di continua orazione , fatta di lacrime, perchè bastava guardargli gli occhi per capire che le lacrime erano cosa ordinaria." (Padre Giovanni da Baggio P. Pio visto dall'interno, manoscritto f 30s)
Padre Damaso da Sant'Elia a Pianisi diede una simile testimonianza: "In coro io stavo vicino a lui sulla destra, e misi di soppiatto il dito sul grande fazzoletto bianco che stava a terra. Ritirai il mio dito tutto bagnato, perche' il fazzoletto era inzuppato di lacrime." (Damaso da s. Elia a Pianisi, Ricordi su p. Pio, dattiloscritto 3)

Padre Guglielmo da San Giovanni Rotondo
: "Dopo la lettura della meditazione, che era sempre sulla passione di nostro Signore Gesù Cristo, fra Pio si tratteneva in ginocchio nel tempo stabilito e anche dopo, quando gli era possibile, versando copiose lacrime..." (Cenni sulla vita di P. Pio, dattiloscritto 1),

 Il precettore Padre Antonino da San Giovanni Rotondo ricorda che a Sant'Elia a Pianisi fra Pio versava "in tempo dell'orazione e specide dopo la Santa comunione tante lagrime da formare sul pavimento "un fossetto". Chiestane la ragione, disse: "Piango i miei peccati e i peccati di tutti gli uomini." (Alessandro da Ripabottoni, Cireneo di tutti, 2011, pag.60)

 

Simili testimonianze furono date da tanti altri frati (Capuano, Con P. Pio, 279-81)



Altri episodi di lacrime

Padre Michele Piacentino: “Una sera trovai P. Pio adagiato sul letto che singhiozzava e gliene domandai il motivo. Mi rispose: “Io sono una carogna, perchè ricordo di aver detto una bugia, quando ero piccolo, e ancora sento il dispiacere.” (Positio II, 157) (P. Marcellino Iasenzaniro, Padre Pio profilo di un santo, I Volume; Fede, virtù cristiane, voti religiosi, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, 2010, pag.255)

Un giorno, come sempre, c’era tanta gente nel prato antistante della cella di P. Pio ed attendeva la sua benedizione. L’attesa si faceva lunga e Padre Paolino da Casacalenda entrò nella cella per rendersi conto del ritardo. Trovò il Santo che piangeva e gli chiese: “Ma che fai? Perchè piangi? Non senti che la gente ti chiama?” P. Pio: “Fratello mio... ma non vedi che questa gente, invece di andare dal Padrone... viene dal garzone?” (P. Marcellino Iasenzaniro, Padre Pio profilo di un santo, I Volume; Fede, virtù cristiane, voti religiosi, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, 2010, pag.249)

 

Padre Gaetano da Ischia di Castro raccontava che un giorno stava confessando Padre Pio e il discorso cadde sul peccato di Adamo. “E Padre Pio piangeva, piangeva. Io gli chiesi ma perchè piangi, mica l’hai fatto tu quel peccato.” E lui: “Ma l’avrei fatto anch’io.” (P. Marcellino Iasenzaniro, Padre Pio profilo di un santo, I Volume; Fede, virtù cristiane, voti religiosi, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, 2010, pag.272)

 
 

Poco prima della morte Padre Pio parlando al Padre Guardiano cominciò a piangere dicendo: "Ne ho commessi di peccati. L'ho fatta grossa. Pensate un po': dalla nascita il 25 maggio 1887, fino alla mia vestizione, il 22 gennaio 1903, non ho mai ringraziato il Signore per essere battezzato molto presto, soltanto quattordici ore dopo la mia nascita, alle 8 del 26 maggio. Sono un ingrato!" E continuava a piangere. (Maria Winowska, Il vero volto di Padre Pio, 174)

Il dr. Franco Lotti andò a visitare Padre Pio nella sua stanza e lo trovò piangendo. Gli chiese perché stava piangendo tanto. Padre Pio: "Sto piangendo al pensiero che io dovrò prensentarmi davanti a Dio."  Poi, aprendo la finestra, che era socchiusa, disse: “Prima non vedevi la polvere su questo tavolo, ma adesso sì. Io non mi preoccupo degli sbagli che conosco, ma di quelli che Lui mi porrà dinanzi...” (P. Marcellino Iasenzaniro, Padre Pio profilo di un santo, I Volume; Fede, virtù cristiane, voti religiosi, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, 2010, pag.278)

 

 

Un giorno Padre Pio chiese al giovane confratello Padre Eusebio Notte di confessarlo. Non appena finì di confessare i suoi peccati, Padre Pio scoppiò a piangere. Padre Eusebio ne rimase sorpreso e disse: "Ma Padre. Non riesco a vedere nessuna proporzione tra i peccati che avete confessato e il dolore e il pianto che fate." Padre Pio: "Non è tanto la trasgressione della legge di Dio, quanto il tradimento dell’amore. Il Signore mi ha arrichito di tante grazie, e io come ho risposto? Figlio mio, io sono il più grande peccatore del mondo." E continuò a piangere sconsolatamente." (P. Marcellino Iasenzaniro, Padre Pio profilo di un santo, I Volume; Fede, virtù cristiane, voti religiosi, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, 2010, pag.255-6)

 

 

Padre Pellegrino: "Quando Padre Pio si preparava per la confessione, invocava la Madonna e piangeva. Egli versava tante lacrime, che solo con esse, nella mia opinione egli avrebbe potuto cancellare tutti i peccati suoi e quelli degli altri."  (Fr. Marcellino Iasenzaniro, The “Padre” saint Pio of Pietrelcina, his mission to save souls testimonies, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, 2006, pag. 42-4)

La vigilia dell'Assunzione

 

Don Pierino Galeone scrive:

"Era il 14 agosto 1958, vigilia dell'Assunzione.

All'imbrunire mi trovavo ancora nel convento e avevo già salutato padre Pio. Mi accingevo a dare la buona notte al Guardiano, padre Carmelo da Sessano, quando questi, uscito dalla sua cella, mi venne incontro incitandomi a recarmi con lui nella cella del Padre per chiedergli un pensierino sulla Madonna.

Il Padre Guardiano entrò e io dietro di lui.

Padre Pio era seduto su di una poltrona, con la corona del Rosario in mano. «Padre Spirituale» chiese il Guardiano; «domani è l'Assunta, diteci un pensierino».

Padre Pio abbassò il capo e incominciò a singhiozzare e, a tratti, prese a dire: «La Madonna...». Il singhiozzo diventò pianto; poi, con sforzo, riprese: «La Madonna...».

Forti fremiti fecero sussultare tutto il Padre che continuò a piangere. «La Madonna», ripeté per la terza volta, «è la Mamma nostra!».

Un pianto dirotto e irrefrenabile scosse il Padre il quale, a stento, riuscì a prendere il fazzoletto per asciugarsi le lacrime che, oramai, avevano bagnato tutto il suo viso.

Non ebbe nemmeno il tempo e la forza di asciugarsi, tanto le lacrime erano incalzanti e continue. Egli allora abbandonò le mani sulle ginocchia e, piangendo, gridava: «La Madonna è la Mamma nostra, la Madonna è la Mamma nostra».

Io ero in ginocchio davanti a lui. Poggiai le mani sulle sue ginocchia e sussultavo con lui. Non me ne accorsi se piansi, ma certo mi sentii morire.

Il Guardiano subito intervenne: «Padre, grazie, ma non piangete».

Padre Pio piangeva ancora. Allora il Guardiano, con voce forte e accorata, disse: «Padre, per favore, non piangete più, ci sentiamo morire!».

Io mi avvicinavo sempre più alle ginocchia del Padre che tremava. Poi, ecco, dolcemente finì di piangere.

Ancora pochi sussulti. Gli baciammo la mano, ci benedisse e, allontanandoci dalla cella, ci sentivamo tanto bruciare il cuore d'amore alla Madonna, da dirci l'uno all'altro: «Io non riesco a contenere il fuoco d'amore alla Madonna che il Padre mi ha messo nel cuore. Abbiamo chiesto una parola ed egli ci ha donato un fuoco d'amore». (Pierino Galeone, Padre Pio mio Padre, San Paolo, 2005, 66-7)

Le 7 tipologie di lacrime secondo papa Francesco:

 

Lacrime di gioia, di pentimento, di inquietudine d'amore, di fedeltà, di compassione, di consolazione, di beatitudine.

(Luca Saraceno, La saggezza delle lacrime, Papa Francesco e il significato del pianto, EDB)

Precettore
Padre Angelico da Sarno
 
Padre Angelico da Sarno riportò che nell'ottobre 1903 gli fu assegnato fra' Pio come istruttore. "Per tre mesi egli venne tutti i giorni nella mia cella spiegandomi gli articoli della regola e delle costituzioni, e dandomi parole buone e persuasive. Io aspettavo con ansia l'ora del nostro incontro quotidiano." (Chiron, Una strada, 36)   (Chiocchi e Cirri, Storia di una vittima, 34) (Preziuso, The life, 36-7)
 
Beati (gli afflitti) quelli che piangono, perchè saranno consolati  Matteo 5,4 (seconda beatitudine)
Gesù piange 2 volte: Lazzaro, Giovanni 11, 33-5;   Gerusalemme  Luca 19, 41-2
 Luca 7, 36-60 prostituta piange e asciuga piedi di Gesù
 


Francesco sempre obbediente


  Obbedienza.
 
 
Visita di Mamma Peppa durante il noviziato
 
La mamma di Fra Pio
 
Mamma Peppa rimase dolorosamente colpita, quando visitò fra' Pio, dall’atteggiamento freddo e distaccato con cui venne accolta dal figlio. Questi, legato dall’obbedienza, continuava a stare muto e con gli occhi bassi. Mamma Peppa gli porse i dolci, e lui si limitò a dire grazie senza mostrare alcun segno di soddisfazione. Allora insistette: «Francì, e su, statti contento, sono venuta fin qui per trovarti, per vedere se stai bene e se ti occorre qualche cosa». E lui, sempre con gli occhi bassi: «Sto bene, mamma, e non ho bisogno di nulla». In seguito, mamma Peppa, raccontando quell’episodio ad una conoscente, dichiarò: «Se sapevo che faceva così, non ci andavo proprio. » (Leone, Infanzia, 128-9)
Qualche tempo dopo Padre Tommaso disse a mamma Peppa: "Fra Pio vive con noi, ma è come non stesse con noi, perché egli è cosi più avanti di noi in virtù!" (De Robeck, Padre Pio, 12)

Visita di Zi' Grazio con l'altro figlio, Michele, appena tornati dall'America.
 
Il padre di Padre Pio
All'inizio della visita Fra' Pio rimase silenzioso, distaccato e con gli occhi bassi. Zi’ Grazio, stupito, guardando il figlio dall’aspetto serio e col volto pallido ed emaciato, esplose: «Che ne avete fatto di mio figlio? Non si riconosce più!». Padre Tommaso dovette intervenire dicendo: «Fra Pio, siete sciolto dall’obbedienza». Solo allora fra Pio alzò gli occhi illuminati di gioia e abbracciò il padre: «Tatà, tatà mio» (De Robeck, Padre Pio, 12)
Padre Pio, ricordando questi episodi, anni dopo così commenterà: «Era proibito parlare e alzare gli occhi senza il permesso del maestro. L’apprensione dei miei crebbe quando constatarono che io, in loro presenza, né parlavo, né li guardavo. Non ne avevo ancora ricevuto il permesso. Pensavano che io mi fossi scimunito. Invece io avrei voluto gettarmi al loro collo per abbracciarli.» (Giannuzzo, San Pio, 41) (Rega, Padre Pio, 13)
 
A 16 anni, al termine dell'anno di noviziato a Morcone:
Professione dei voti semplici, venerdi' 22 gennaio 1904.
 
«Io, fra Pio da Pietrelcina, faccio voto e prometto a Dio Onnipotente, alla beata Maria Vergine, al beato Padre San Francesco, a tutti i Santi e a Te, o Padre, di osservare per tutto il tempo della mia vita la Regola dei Frati Minori, dal signor Papa Onorio confermata, vivendo in obbedienza, povertà e in castità».
  Dichiarazione autografa di Fra Pio, lo stesso giorno della Professione, dopo la cerimonia
 
«Io, fra Pio da Pietrelcina, che al secolo mi chiamavo Francesco Forgione di Grazio e di Giuseppa Di Nunzio, nato il dì 25 maggio 1887, con l’obbedienza del molto reverendo padre Pio da Benevento della Provincia di Sant’Angelo di Foggia, vestito per chierico in questo nostro convento di Morcone il dì 22 gennaio 1904 alle ore 9 antimeridiane, avendo compiuto l’anno del mio Noviziato a norma dei decreti della Sacra Congregazione sopra i Regolari, ho fatto questa mattina alle ore 11,30 la Professione dei voti semplici nelle mani del reverendo padre Francesco Maria da Sant’Elia, con l’obbligo di assoggettarmi al regolamento di perfetta vita comune in adempimento di quanto venne prescritto dalle Ordinazioni e Decisioni del Capitolo Generale del 1886 e dichiaro di aver fatto questa mia Professione liberamente, spon-taneamente, sinceramente e con piena cognizione di quanto ho promesso, non conoscendo ostacoli che si possano opporre alla validità della medesima. In fede di che mi sottoscrivo fra Pio da Pietrelcina M. P.».

Malgrado le penitenze e l'ascetismo Fra Pio era sempre allegro. Quando c'era la possibilità di parlare egli rivelava un grande senso di umore. Gli piaceva dire barzellette e e fare scherzi agli altri novizi.  E Padre Tommaso, pur così severo coi novizi, descrisse Fra Pio come "un novizio esemplare, puntuale nell'osservanza ed esatto in tutto, e da proporsi a tutti come esemplare (Ruffin, Padre Pio, 53)
"La vita di novizio in Morcone era incredibilmente rigorosa. I ragazzi camminavano a piedi nudi, il cibo era scarso e povero, i giorni di digiuno erano innumerevoli, l'ordine di flagellarsi poteva venire in qualsiasi momento e doveva essere eseguito immediatamente. Dopo la flagellazione c'era sempre sangue sul pavimento.  Malgrado tale rigore c'erano sempre più applicanti che posti disponibili." (Duchess of St. Alban, Magic of a Mystic,  33-8)

 

 


 Padre Eliseo Pizzarelli, del convento di Morcone, è sempre gioiosamente aperto ad accogliere i visitatori, mostrando loro con competenza ed entusiasmo i luoghi di Padre Pio.
Il 25 gennaio 1903, Con fra Anastasio da Roio e padre Pio da Benevento partirono per Sant'Elia a Pianisi per iniziare il ginnasio e proseguire col liceo.
   
 

       
Il giardino e l'orto del convento di Morcone.



Padre Pio andò di nuovo a Morcone del dicembre del 1913, per suggerimento del Padre Provinciale, ma dopo cinque giorni si sentì male e dovette tornare a Pietrelcina. (Convento, 11 conventi, 53)

Padre Pio torno' a Morcone in altre circostanze.



Fu ordinato Diacono a Morcone il 18 luglio 1909.

Il 21 luglio 1910 tornò a Morcone per imparare come dire la messa. Dopo un giorno si sentì male e dovette ritornare a Pietrelcina. Fu allora l'arciprete Salvatore Pannullo che gli insegnò le cerimonie della messa. (Convento, 11 conventi, 53)
 
Panorama dal convento di Morcone
 

 

 

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