Capelli, sandali, malattie e febbre, cibo, lacrime, lettere, va a votare.
Fotografie celebri di Padre Pio

 

Barba e capelli

Padre Alessio si crede che puo' aggiustare la barba a Padre Pio

 
  Prima di andare in chiesa per le preghiere della sera

  Un frate fa il barbiere


    Vincenzo Miniscalchi taglia i capelli di Padre Pio.  Vincenzo era il fratello minore di Gerardo Miniscalchi. Gerardo aveva un negozio di barbiere in paese, ed era anche il barbiere di Padre Pio e degli altri frati. Gerardo considerava un grande privilegio il tagliare i capelli a Padre Pio. In segno di rispetto si vestiva sempre in abito completo, con cravatta quando andava al convento. Quando Gerardo si ritiro' in pensione, tocco' al fratello Vincenzo il privilegio di tagliare i capelli a Padre Pio. (da Pray, Hope, and Don't Worry, Padre Pio Newsletter, editors Diane and Deacon Ron Allen,numnero 38, gennaio - marzo 2009)

http://padrepiodevotions.org/pdf/january-march2009.pdf

Scarpe, sandali

Padre Joseph Pius di New York (Bill Martin prima dell'abito diceva:
"I Piedi di Padre Pio erano sempre gonfi, molto gonfi. Erano come due meloni dentro i suoi calzini. Uno piu' gonfio dell'altro."  (Schug, Profile, 63)


  Padre Joseph Pius

  Riposa i piedi
     Aiutato da Padre Alessio and Mr. Zeni 
 
  Bacile usato da Padre Pio per lavarsi i piedi.

 

 

    Piedi penosamente gonfi

 


Matteo Biancofiore umile e bravissimo calzolaio di Foggia, faceva su misura i sandali per Padre Pio. Senza il lavoro di Matteo il frate non avrebbe potuto camminare, a causa dei terribili dolori ai piedi portati dalle stimmate. Oggi, molti di quei sandali sono conservati come reliquie a San Giovanni Rotondo e in altri conventi delle Puglie, e negli altri santuari che ospitano oggetti del frate. Tra il frate di Pietrelcina e il calzolaio nacque ben presto una tenera amicizia che coinvolse tutta la famiglia. Loredana, la figlia di Matteo, raccontava che ogni dieci giorni lei stessa andava a confessarsi da Padre Pio. Quest'ultimo celebrò inoltre la comunione di tutti e 8 i figli di Matteo (Daniele Magliulo, in Blasting News Italia, Loredana Biancofiore: il mio papà era il calzolaio di Padre Pio  8 maggio 2013)

http://it.blastingnews.com/opinioni/2013/08/loredana-biancofiore-il-mio-papa-era-il-calzolaio-di-padre-pio-0024995.html


  Matteo Biancofiore, il calzolaio di Padre Pio

       Sandali di Padre Pio in mostra


Malattie, Febbre

Padre Pio a letto malato

Le malattie di Padre Pio non erano spiegabili con la medicina ufficiale. E questo fino alla morte. Più volte dichiarato dai medici in fin di vita, ne seguiva una rapida quanto inspiegabile guarigione. Più volte, dopo una lunga degenza a letto, prostrato e senza toccare cibo, d’improvviso non mostrava segni di malattia e riprendeva una alimentazione normale. Anche il sintomo della febbre rimaneva inspiegabile. Compariva e scompariva all’improvviso. Spesso erano registrati valori così alti (fino a 48 - 48,5 gradi!) che, per misurarla, si ricorreva ad un termometro da bagno! La stessa diagnosi di tubercolosi, fatta da medici illustri, era esclusa dal medico di famiglia, dott. Andrea Cardone, che lo ebbe in cura dopo il noviziato, tutte le volte che rientrava in Pietrelcina per motivi di salute. In seguito lascerà scritto: «Gli avevano trovato una tubercolosi polmonare e gli avevano dato, si e no, pochi mesi di vita. Ma io, quando lo visitai, fui subito, ed a ragione, di parere contrario. Fragile, si, lo era, con un deperimento invincibile (dovuto ai digiuni, alle veglie, alle sue pratiche ascetiche e di penitenza) e una bronchite florida, contratta in campagna, in quel tugurio di Piana Romana, dove andava a pregare. Ma questo è un altro discorso, che non ha niente a che fare con la tubercolosi. Tant’è vero che dopo le iniezioni di tubercolina, le cutireazioni erano sempre negative, e a curarlo bastavano le solite pozioni e i vecchi decotti. Fosse stata vera-mente quella malattia, a quest’ora non staremmo a parlare di lui. Assieme ad un suo zio, lo accompagnai anche, per un consulto, a Napoli, dal prof. Castellino, clinico principe del tempo, ed anche questi escluse la natura tubercolare del male... Padre Pio veniva a Pietrelcina deperito, lo curavo, si rimetteva in salute. Mi sembrò normale, come tutti gli altri frati, senza alcuna particolarità». (Peroni, Padre Pio, 105-6)

 

Non c’era una spiegazione logica per le malattie di Padre Pio. Quindi, il dott. Cardone poteva avere torto, ma poteva anche avere ragione. In realtà, quando Padre Pio si trovava a Pietrelcina, di solito mostrava solo qualche segno di deperimento. Solo in convento, i medici più volte ponevano diagnosi di malattie spesso talmente gravi da giudicarlo in fin di vita. Erano malattie umanamente incomprensibili, che facevano parte di una situazione di vita avvolta dal mistero. Lo stesso Padre Pio, in una lettera a padre Agostino del 7 marzo 1916, scrisse: «Riconosco d’essere un mistero a me stesso». (Epistolario I,  769) (Giannuzzi, San Pio, 55-6)

 


Il 16 aprile 1907, presentatosi al Distretto Militare di Benevento per la visita di leva, fra Pio venne immatricolato con il numero 12094, giudicato abile e rinviato in congedo illimitato in attesa della chiamata alle armi. Tornato a Sant’Elia, i Superiori lo videro talmente deperito che lo misero a riposo. Sempre più frequenti divennero i rientri di fra Pio a Pietrelcina. Se ne ricorda uno in particolare, quello avvenuto nell’autunno del 1907 quando Zi’ Grazio fu chiamato dai frati del convento e invitato a portarsi a casa il figlio perché «credevano che fosse tisico» e vicino alla morte. Fra Pio non mangiava da 15 giorni. Era così debole che a fatica si riuscì a vestirlo. Zi’ Grazio e il figlio si avviarono in carrozza alla stazione, salirono sul treno e presero la prima classe. Arrivati a Pietrelcina e scesi dal treno, proseguirono in carrozza. Giunti davanti la casa della sorella Felicita, fra Pio volle scendere per salutarla. Zi’ Grazio proseguì da solo fino a casa, raggiunto poco dopo dal figlio, che si rivolse subito alla mamma chiedendo: «Che fai da cena?». La mamma: «Faccio rape». Erano il suo cibo preferito. A tavola mangiò tutte le rape, condite di olio, e disse: «Oggi ho riparato per tutti i 15 giorni». Era guarito. Un episodio questo descritto così come fu raccontato dallo stesso Zi’ Grazio e che rispecchia con chiarezza le caratteristiche proprie di una sintomatologia che esplode e regredisce in modo inspiegabilmente repentino. (Giannuzzi, San Pio, 56) (Peroni, Padre Pio, 104-5)

 

 

Nel dicembre 1915 Padre Pio si trovava sotto le armi all'Ospedale della Trinità del Distretto Militare di Napoli, quando fu visitato dal dottor Giuseppe Grieco. Il tenente gli auscultò il cuore, i polmoni, il polso. Poi prese il termometro e glielo mise sotto l'ascella. Quando lo ritirò constatò che la colonnina era rotta. Riprovò con un altro termometro, ma ancora la colonnina era rotta. Lo stesso accadde una terza e una quarta volta. Il dr. Grieco ne parlò con il suo collega dr. Francesco Melle. I due medici trovarono un termometro da bagno, che poteva misurare la temperatura fino a 80 gradi, rimossero la colonnina dalla custodia di legno, e misurarono la temperatura a Padre Pio (la recluta Francesco Forgione). Il termometro segnò 48 gradi. Infilarono di nuovo il termometro sotto l'ascella e si fermo' a 49 gradi. I due medici avvertirono il loro superiore, il capitano medico prof. Felice D'Onofrio. Misurarono di nuovo la temperature, e il termometro si fermò a 49 gradi." (Allegri, La vita e i miracoli, 178-182)

 

 

Nel gennaio 1917, subito dopo il suo ritorno a San Giovanni Rotondo, Padre Pio cadde bruscamente ammalato. La febbre era così alta che faceva scoppiare i termometri normali. il guardiano del convento, Padre Paolino da Casacalenda, andò a prendere un termometro da bagno e, come racconta nelle sue memorie: "Il mio stupore crebbe in maniera straordinaria quando controllai il termometro dopo averlo ritirato dall'ascella del Padre. Mi accorsi che nella colonnina il mercurio aveva raggiunto i 52 gradi! Guardai il malato, gli posai una mano sulla fronte: invece di bruciare era fresco e con il colore di uno che non ha la febbre." (Chiron, Una strada, 99-100) (Paolino da Casacalenda, p. 86) 


    I termometri usati da Padre Paolino da Casacalenda nel 1917, con certificato di autenticita'

 

  Padre Paolino da Casacalenda

 

   Il Dr. Giuseppe Avenia riporto' in questa testimonianza scritta e fotografica con certificato, che nel 1941 stava accanto al letto di Padre Pio con Padre Damaso, il superiore, e Padre Ezechia. Il dr. Avenia mise il termometro sotto l'ascella di Padre Pio e in pochi secondi il mercurio raffiunse e supero' la sommita' della scala e il bulbo si ruppe.

 

 

 



Tubercolosi

Il superiore del convento di Foggia, Padre Nazareno da Arpaise, annotò  nei suoi Appunti [“Notizie su Padre Pio da Pietrelcina”] tutto ciò che lo riguardava. "Padre Pio venne subito a Foggia e fu accolto con grande festa da me e dai confratelli. Padre Pio, tutto contento, prese il posto di religioso tra i confratelli, con i quali era sempre giulivo e faceto. Come religioso infermo a mensa gli passavo sempre qualche pietanza speciale..., ch’egli solo assaggiava e poi passava ai confratelli vicini. Dopo un pranzo lo chiamai nella mia stanza e: “Piuccio - gli dissi - sei tu affetto da tubercolosi?”. “Si”, mi rispose. Ed io, allora: “Se effettivamente sei affetto da questa malattia, perché passi la tua pietanza ai confratelli? Non sai che la tua malattia si comunica facilmente agli altri?”. E lui: “La mia malattia, per grazia speciale del Signore, non mischia”. Conoscevo la virtù del fraticello e credetti subito a quanto aveva detto. Lo abbracciai e baciai e poi soggiunsi: “Fa pure quello che credi bene”».

 

Febbraccia

La non contagiosità dell’infermità di Padre Pio sarà poi confermata dai medici. «...Non passò molto tempo - prosegue padre Nazareno - e Piuccio fu colpito da una febbraccia di 41 e più gradi. Preoccupato da questa febbre alta, altissima, chiamai il medico del convento (il dott. Del Prete), il quale lo visitò accuratamente e gli riscontrò focolai di microbi all’apice destro, con lievi soffi al sinistro. Ordinò segregazione assoluta e... qualche medicinale...». Venne poi consultato un altro medico, il dott. Tarallo, «ed anche questi - si legge sempre negli Appunti - riscontrò gli stessi sintomi del morbo. Ogni sera i due medici s’incontravano nella stanza dell’infermo e con loro somma meraviglia dovettero confessare che era un morbo speciale, che appariva e scompariva. Soffi sì, tubercolosi no. La febbre durò parecchio e poi scomparve completamente con grande confusione dei medici». In sostanza, entrambi i medici esclusero la natura tubercolare della malattia, confermando quindi il parere già espresso dal dott. Cardone, medico di Pietrelcina. Spesso Padre Pio, accusando inappetenza, rimaneva in cella nell’ora di cena mentre i confratelli erano nel refettorio. (Giannuzzi, Padre Pio, 97) (Appunti di padre Nazareno d’Arpaise “Notizie su Padre pio da Pietrelcina” Stralci attinti da Chiocci e Cirri, Storia di una vittima, vol. I, pp. 84-90)

 

 

La relazione di Mons. Rossi nel 1922 continua soffermandosi brevemente su «un altro fatto singolare», quello degli episodi di febbre altissima (48°) accusati da Padre Pio. Padre Lorenzo, guardiano del convento, durante una deposizione del 16 giugno, aveva dichiarato che, inizialmente scettico su quanto si diceva intorno a questi episodi, dovette poi ricredersi: «Una volta ancora io stesso volli misurare la temperatura [a P. Pio] con un termometro portato dal Dr. Festa di Roma - va fino al 150° - e segnò 48°. Così credei anch’io a quello che si diceva». (Castelli, Investigazione, 176)

 

Mons. Rossi sottolinea che tali episodi si verificavano non sempre, ma «in speciali circostanze di spirito; il male che porta a questa temperatura o di cui questa temperatura è indizio, è - ha dichiarato P. Pio - “più male morale che fisico”; egli, P. Pio, prova in sé “affetti interni, la considerazione, qualche rappresentazione del Signore. Come in una fornace, mantenendo sempre la conoscenza”. E infatti un confratello attesta che, anche sotto la pressione di questa febbre, P. Pio non rimane abbattuto, ma si alza, si muove, fa tutto. Il che non può negarsi essere tanto più singolare ed eccezionale!». Mons. Rossi, conclude con prudenza e senza sbilanciarsi: «Se il fatto, oltre che eccezionale, sia anche miracoloso, lo manifesterà il Signore quando lo crederà»  (Castelli, Investigazione, 150)

 


 

 

Cibo, refettorio

 

Padre Agostino garantiva che Padre Pio mangiava solo circa 20 grammi di cibo ogni 24 ore”.40 40 (Positio I/1, p. 945)  (Pena, 22)

 

Fra' Modestino: "Padre Pio mangiava pochissimo. A volte niente. Egli assaggiava appena le pietanze, poi le passava subito a Padre Anastasio da Roio che, a mensa, gli sedeva accanto." (Modestino, Io testimone, 29)

 

Il Visitatore Mons. Rossi, parlando della nutrizione del Padre, e basandosi su varie testimonianze, precisa che «c’è un poco di esagerazione» quando si dice che «vive quasi di aria». Molto non mangia, ma mangia. Faceva però meraviglia come «potesse reggere tante ore in confessionale» senza una adeguata alimentazione (Castelli, Inchiesta, 112)

 

"Di rado gustava un bicchiere di vino, una fettina di fegato di maiale, dei carciofi o delle rape che gli mandavano da Pietrelcina" (Modestino, Io, 29)

 

Fra’ Modestino afferma che un giorno Padre Pio gli disse: “Figlio mio, prega per me. Ho il ventre gonfio e mi fa male. Oggi ho mangiato solo 30 grammi di cibo. Il regalo più grande che mi può fare il superiore è dispensarmi dal mangiare”. (Positio II, p. 147) (Pena, 22) (Modestino, Io, 29)


La cosa più strabiliante è quello che raccontava con umorismo per far ridere i fratelli, ma che era stato un fatto reale. Durante una malattia si pesò, e pesava 83 chili. Alla guarigione, dopo tre giorni senza aver toccato cibo, pesava 86 chili. Era ingrassato tre chili senza aver mangiato nulla per tre giorni. Queste sono le meraviglie di Dio, che alimenta il corpo dei santi solo con la santa comunione! Questo miracolo fu testimoniato nel Processo dal suo superiore, padre Raffaele. (Positio II, p. 1405) ( Pena 22) (De Robeck, 80)

 

Una cosa che meravigliava i medici era come il frate potesse sopravvivere quasi senza mangiare, se non il minimo indispensabile. Padre Damaso da Sant’Elia a Pianisi dice: “Una volta stette senza mangiare per 20 giorni. (Positio I/1, p. 569) (Pena, 22) 

 

Non c’è quindi da meravigliarsi di ciò che riferisce il 5 maggio del 1956 padre Carmelo Durante, in occasione del Simposio internazionale di malattie coronariche. Il medico inglese Ewans dichiarò: “Per noi medici, padre Pio è biologicamente morto. Bisogna tener conto della quantità di calorie che brucia quotidianamente nello svolgimento della sua attività, e, dall’altra parte, di quelle che assume mangiando così poco, al limite della sopravvivenza. Bisogna anche pensare al sangue che perde tutti i giorni come egli stesso ha testimoniato e che è provato dall’esame delle bende del costato. Quindi, in forza del principio scientifico delle calorie necessarie per l’esistenza umana e delle leggi che regolano l’equilibro fisico-psichico dell’organismo, per noi medici è biologicamente morto. In altre parole, umanamente non è possibile che un uomo in tale situazione possa sopravvivere, e tanto meno operare come lui opera senza interruzione, tutti i giorni. (Positio II, p. 820) (Pena 23)

 

 

 

Padre Pio e i frati a refettorio. Mosaico nella chiesa di San Pio

 

       Davanti alla porta del refettorio. C'e' sempre un'ultima cosa da fare prima di entrare.

 

 

          Padre Pio  prende il suo posto a refettorio con gli altri frati

 

 

 

   Il refettorio antico e il secondo refettorio, con il posto assegnato a Padre Pio

 

  Padre Pio assaggia il cibo della mensa degli operai durante la costruzione di Casa Sollievo

                                   

 

 

 

Lacrime

Padre Placido da San Marco in Lamis (Fernando Bux), compagno di noviziato di Padre Pio: "Durante la meditazione sulle pene del Crocifisso piangeva a grosse lacrime, tanto che sul pavimento di tavole lasciava un macchione. Siccome qualche compagno burlone lo prendeva in giro, perché' bagnava il suo posto in coro, allora, egli, per non essere più canzonato metteva a terra il fazzoletto, in modo che le lacrime andavano su questo, e quando il superiore dava il segno di andar via si prendeva il fazzoletto e sul pavimento non appariva niente più. (Placido da San Marco in Lamis, Cronaca di P. Pio, dattiloscritto 2)

 

Padre Damaso da Sant'Elia a Pianisi diede una simile testimonianza: "In coro io stavo vicino a lui sulla destra, a misi di soppiatto il dito sul grande fazzoletto bianco che stava a terra. Ritirai il mio dito tutto bagnato, perche' il fazzoletto era inzuppato di lacrime." (Damaso da s. Elia a Pianisi, Ricordi su p. Pio, dattiloscritto 3)

 

Simili testimonianze furono date da Padre Tommaso da Monte sant'Angelo, maestro dei novizi, Padre Guglielmo da San Giovanni Rotondo (Cenni sulla vita di P. Pio, dattiloscritto 1), Padre Leone da San Giovanni Rotondo, Padre Bernardino da San Giovanni Rotondo, Padre Giovanni da Baggio (P. Pio visto dall'interno, manoscritto f 30s), e altri frati (Capuano, Con P. Pio, 279-81)

 

 

Il dr. Franco Lotti andò a visitare Padre Pio nella sua stanza e lo trovò piangendo. Gli chiese perché' stava piangendo tanto. Padre Pio: "Sto piangendo al pensiero che io dovrò prensentarmi davanti a Dio."  (Iasenzaniro, The Padre, p. 42)

 

Un giorno Padre Pio chiese al giovane confratello Padre Eusebio Notte di confessarlo. Non appena finì di confessare i suoi peccati, Padre Pio scoppiò a piangere. Padre Eusebio ne rimase sorpreso e disse: "Ma Padre. Non riesco a vedere nessuna proporzione tra i peccati che avete confessato e il dolore e il pianto che fate." Padre Pio: "Figlio mio, io sono il più grande peccatore sulla terra." E continuo' a piangere sconsolatamente." (Iasenzaniro, The Padre, p. 44)

 

Padre Pellegrino: "Quando Padre Pio si preparava per la confessione, invocava la Madonna e piangeva. Egli versava tante lacrime, che solo con esse, nella mia opinione egli avrebbe potuto cancellare tutti i peccati suoi e quelli degli altri."  (Iasenzaniro, The Padre, p. 43)

 

 

 

          

 

 

 


Lettere

          

Padre Pio riceveva lettere a mano quando incontrava gente, e anche riceveva lettere per posta. Il cieco  Pierino andava a ritirare ogni mattina una sacco di corrispondenza all'ufficio postale.
  Quando Padre Pio aveva bisogno di firmare raccomandate con ricevuta di ritorno, l'impiegato postale  Nicola Cocomozzi provvedeva ad andare al convento per ottenere la firma di Padre Pio . Padre Pio celebro' il matrimonio di Nicola e battezzo' i suoi figli.

Nicola Cocomozzi con Padre Pio

                La gente gli dava lettere.

      Lettere arrivavano all'ufficio postale.

          Su eBay ho trovato un assegno mandato dall'America, con la firma di Padre Pio, ma non l'ho comprato.

                 E lui leggeva e rispondeva come poteva. 

  Qui' Padre Pio e' in una saletta del convento con alcuni soldati americani durante la seconda guerra mondiale. Sta leggendo una lettera. Leo Fanning (il piu' vicino a Padre Pio), poi Joe Asterita, and Mario Avignone. I tre appartenevano al 304mo squadrone di bombardieri del 15mo Air Force, stazionato a Cerignola. Andarono a trovare Padre Pio con Padre Paolino, del convento di Cerignola. (Ruffin, Padre Pio, 261)La foto fu molto probabilmente scattata da Padre Paolino.

  La foto di Mastrorilli colorizzata, con Padre Pio che tiene delle lettere in mano, e' stata usata sulla facciata di San Pietro per la canonizzazione.

    Nel convento, un muro zeppo delle lettere ricevute da Padre Pio nel 1967, ultimo anno intero di vita.

 

 


Padre Pio va a votare


Quando Padre Pio andava in paese a votare era una festa per tutti, anche col lancio di fiori e confetti, malgrado la grande tensione.

Sul seggio                

Uscita dal seggio              

   In macchina           

 

 

Padre Pio saliva in macchina quando doveva andare a votare e quando voleva rendersi conto da vicino del progresso nella costruzione dell'ospedale. Come da immaginare c'era competizione tra i pochi possessori di automobili, a chi spettava l'onore di portare Padre Pio.

 

   Anche Bardazzi porto' qualche volta Padre Pio.

 

  Il dr. Sanguinetti pure. Padre Pio va al sito di costruzione dell'ospedale (In piedi sono i fratelli Zeni).

 

        Matteo Ricciardi

Matteo Ricciardi, tassista di San Giovanni Rotondo era abituato a dire : "Sono l'unico tassista al mondo ad avere accompagnato un santo. Matteo accompagno Padre Pio a votare nelle elezioni politiche del 23 maggio 1954. Matteo raccontava che dopo aver fatto il militare, quando torno' non aveva un posto di lavoro. Si reco' da Padre Pio. "Era il 4 ottobre 1950 alla fine della confessione Padre Pio mi disse: "Fatti una macchina e porta le persone." Mi comprai una fiat 1440 targata FG9345 e iniziò così la mia carriera da tassista, grazie al consiglio del mio amico Padre Pio." "Un altro giorno che ricordo come se fosse ieri, era il 23 maggio 1954, era il giorno delle elezioni comunali. Fui io ad accompagnare Padre Pio alla scuola elementare dove doveva andare a votare. Nel tragitto venimmo assaliti dai fedeli, eravamo scortati dal carabinieri, tutti volevano avvicinare il frate. Solo io avevo l'onore di potergli stare al fianco... d'altronde lui aveva deciso della mia vita".

(Alice, Dino, Matteo Ricciardi l'autista amico di Padre Pio, Pellegrino di Padre Pio, 3 luglio 2012)

 

http://www.pellegrinodipadrepio.it/matteo-ricciardi-l-autista-amico-di-padre-pio/

 

 

 

            

 

 

 

 

 

 

Immagini di Padre Pio

 

 

Fotografie


Mary Pyle a Maria Winowska nel 1955: "Per molti anni i fotografi si sono accaniti inutilmente, di fronte, di dietro, di fianco, introducendosi di nascosto, cercando di sorprenderlo: le pellicole rimanevano intatte. La stessa macchina fotografica poteva prendere vedute impeccabili: ma quando l'apparecchio era fissato sul Padre, lo scatto operava a vuoto. C'era da piangere. Ora non si sottrae più, ma tutte le fotografie che vedete sono recenti. Stanchi di lottare, sollecitati da ogni parte, i suoi superiori gli hanno ordinato (nel 1953) di non rendere più insensibili le pellicole." (Winowska, Il vero volto, 48)  (Pio Capuano, Con P. Pio, 282-3)

Padre Guglielmo Alimonti testimonia che nel periodo in cui accompagnava Padre Pio sorreggendogli il braccio, aveva chiesto in anticipo a un sacerdote francese che aveva una macchina fotografica in mano, di fare una foto di lui con Padre Pio quando passavano nel corridoio. Il prete gli disse di si, ma "tu chiedi permesso al Padre col pensiero, così non mi sgrida". Quando arrivò il momento, il sacerdote stava in ginocchio come pietrificato e non non toccò la macchina fotografica. Padre Pio stette immobile per quasi due minuti, come se stesse in attesa di quella foto. Poi mi guarda e si stringe le spalle per farmi capire: Ti devi rassegnare, la foto non si fa." (Alimonti, I miei giorni con Padre Pio, 46-7)

"La presenza di un fotografo lo infastidiva sempre e lo faceva chiudere a riccio. Non di rado, quando si vedeva preso di mira da un obiettivo, mostrava la schiena. Padre Pio aveva un volto stupendo, che le fotografie esalotavano. Si potrebbe  scrivere la vita del santo di Pietrelcina anche soltanto interpretando certe immagini."  Alessando Pronzato, Padre Pio: Un santo scomodo, Gribaudi Editore, Milano, 2002, pag. 121



Mario De Renzis, decano dei fotoreporter, per tanti anni capo dei "paparazzi" de "Il Tempo", rievoca una giornata del '59 a San Giovanni Rotondo. 25 aprile 2008:

«Avevo neanche vent'anni, Angiolillo, il direttore de "Il Tempo", mi spedì a San Giovanni Rotondo con Ettore Della Giovanna, l'inviato. Voleva immagini a colori per l'inserto domenicale. Partii con la Contax di Angelo Frignani, il capocronista, più una macchina mia. Arrivo davanti alla chiesa di Padre Pio, e i colleghi mi scoraggiano. "Non t'illudere, non combini niente". Mi rassegno a qualche scatto di colore, la vecchietta che prega, l'ospedale in costruzione. Poi ci ripenso, entro in chiesa, chiedo ai frati di Padre Pio. E quelli: "Ce l'hai davanti"». Una bella fortuna. «L'inizio dell'enigma. Qualcuno grida "chi è stato?". C'è aria di parapiglia, io scappo nel chiostro, imbocco certe scale. Mi trovo di fronte una stanzetta. Dentro c'è Padre Pio. Che un attimo prima stava giù». Impietrito dalla meraviglia? «Macché. Comincio a scattare con la Contax, in bianco e nero. Lui è in controluce, non faccio in tempo a montare il flash. Due, tre, cinque clic, punto alle mani, fasciate di cuoio nero. Smetto quando mi dice: "Basta con questa macchinetta per fare il caffè". Rimetto tutto a posto, ma mi guardo intorno spaurito. "Vai tranquillo, non ti preoccupare", mi congeda». Aveva ragione? «Sembrava di sì. Non ho altre vie di fuga, mi tocca rientrare in chiesa. Nessuno mi nota. Esco, nessuno mi insegue. Fuori trovo una macchina dei carabinieri. La frittata è fatta, penso. Ma quelli mi offrono un passaggio fino a Foggia». Rientro trionfante in redazione. «Invece no. Perché quando vado a sviluppare il rullo, non c'è niente, solo la prima foto in esterno. Eppure la macchina l'avevo caricata a Roma, la pellicola non poteva essersi sganciata perché sentivo la ricarica, mentre scattavo. Che è successo, non lo so». Che è rimasto di quell'incontro? «Il fascino, quando gli sfiorai la mano. A casa ho una sua immagine, qualche volta la guardo. Ma capire, no».
http://evergreen-quattrochiacchiere.blogspot.com/2008/04/padre-pio-si-fece-fotografare-ma-nel.html


Mario De Renzis : “ Nel 1960 svolgevo, già da qualche anno, il lavoro di fotoreporter in uno dei maggiori quotidiani di Roma “Il Tempo”… il direttore Angiolillo stabilì di inviarmi a S. Giovanni Rotondo…per riprendere immagini del convento e della figura di questo uomo di chiesa, Padre Pio di Pietrelcina, che il 20 settembre 1910 aveva ricevuto le stigmate …raggiunsi S. Giovanni in treno…quando mi apprestai ad entrare nel tempio (la chiesa di Santa Maria delle Grazie) fui bloccato. L’accesso ai fotografi era negato…confondendomi con un folto gruppo di visitatori mi infilai in chiesa. Appena dentro, vidi Padre Pio intento a distribuire la comunione ai fedeli. Con destrezza iniziai a scattare alcune fotografie, ma presto la sorveglianza si accorse del mio operato, e scoppiò il finimondo. Nella confusione riuscii, comunque, ad uscire e, di corsa, arrivai nel giardino del convento. Vidi una scaletta, salii e mi trovai, dopo un breve corridoio, di fronte ad una porta aperta. Era quella della cella dove viveva Padre Pio. Nonostante un attimo prima lo avessi fotografato dentro la chiesa, egli era lì, in carne ed ossa. Come era possibile? Il percorso richiedeva ad una persona normale almeno un quarto d’ora, figuriamoci per Padre Pio che, dal dolore lancinante delle sue piaghe, era costretto a camminare in modo sofferto e lentissimo…capii di aver assistito ad un fenomeno di bilocazione…io e il Padre ci scambiammo quello che oggi si chiama il segno della pace…con il suo assenso scattai altre immagini…arrivai a Roma e giunto al giornale sviluppai le fotografie. Ebbi la conferma. Le immagini erano bellissime: padre Pio che celebrava la messa,  il momento della comunione, la grande folla. Anche quelle della cella erano belle, ma…”stranamente” Padre Pio non c’era…”;  pagg. 249-250.   (Enrico Malatesta, L'Ultimo segreto di Padre Pio,  Piemme Pocket, 249-50)



    Pio, figlio di Federico Abresh, primo fotografo classico di Padre Pio, serve la messa a Padre Pio

 

 

Fotografie celebri


  Foto ritenuta di Francesco Forgione futuro Padre Pio da alcuni. Altri ritengono che si tratti di Franceschino Forgione, cugino di Padre Pio, figlio di Michele, fratello di PadrePio. Franceschino mori' a dodici anni.




 Foto fatta dal fotografo Nicola Germoglio  in Via Moneoliveto, 40, Napoli il 19 ottobre 1911

Fernando da Riese San Pio X: "
Del giovane fra Pio e’ rimasta una fotografia, assai sfruttata nelle pubblicazioni. Il volto, che emerge dallo scollo del cappuccio, e’ incorniciato dal nero dei capelli corti e dalla barba che gia’, spuntata da poco, avvolge il mento. Baffi, ancor giovani, s’incurvano sul labbro. Le labbra, chiuse, sembrano nascondere amarezza. Gli occhi sono accentuatamente aperti, meglio sbarrati, verso un punto invisibile. E’ un volto che tradisce qualcosa che pesa, che da’ sofferenza e lascia sorpresi nel suo mistero. Il dramma, nascosto dietro a quel volto e attanagliante l’anima, e’ lo stesso Padre Pio in una lettera del 17 ottobre 1915 a rivelarlo con rapidissimi tocchi al suo direttore spirituale padre Agostino. E’ il martirio degli scrupoli." (Fernando, Padre Pio Crocifisso, 69)

 

 
Nel mese di ottobre 1911, padre Benedetto decise di sapere di più sullo stato di salute di Padre Pio e dispose che fosse accompagnato a Napoli da padre Ignazio da Jelsi, superiore del convento di Morcone, per una visita medica. Poi però, il 19 ottobre, incontrato Padre Pio nel convento di Morcone, volle accompagnarlo lui stesso a Napoli. Lo portò dal celebre clinico prof. Antonio Cardarelli, il quale, visitato il paziente, previde per lui una morte ormai vicina, consigliando quindi che fosse portato nel convento meno lontano.
Prima di lasciare Napoli, padre Benedetto, certo che or-mai Padre Pio avesse poco da vivere, lo portò dal fotografo Nicola Germoglio, in via Monteoliveto 40, per avere una sua foto da conservare come ricordo. Poi ne dispose il trasferimento nel convento di Venafro, il più vicino a Napoli. (Giannuzzo, San Pio, 76)




Padre Placido Bux

Foto con le stimmate visibili, eseguita da Padre Placido Bux il 19 agosto 1919

Padre Placido fu compagno di Padre Pio durante il noviziato e i successivi anni di studio. E fu proprio padre Placido a scattare, il 19 agosto 1919, la prima fotografia che documenta la presenza delle piaghe nelle mani di Padre Pio. Egli stesso così scrisse su tale importante avvenimento: «Volli fargli la fotografia, la prima dopo dieci mesi che aveva le stimmate. A malincuore si tolse i guanti e come per contentarmi sostò dinanzi all’obiettivo. Il Provinciale, padre Pietro da Ischitella, si prese la negativa di vetro, e se non mi avessi tirato una copia, sarebbe andata perduta, perché si ruppe nel ritornare a Foggia. Quando fui mandato ad insegnare a Chiaravalle Centrale in Calabria, feci fare la riproduzione a Catanzaro, e poi ne feci fare tante copie per i confratelli e per gli amici». (GERARDO DI FLUMERI, Le stigmate di Padre Pio da Pietrelcina, p. 70)

In realtà, padre Placido dovette faticare non poco per vincere la resistenza opposta da Padre Pio. Dovette metterlo di fronte ad una argo-mentazione che non si sa fino a che punto avesse fondamento. Gli disse cioè di dovergli fare la fotografia per ordine del Provinciale e che, quindi, doveva ubbidire. E Padre Pio ubbidì.   (Rivista Voce di Padre Pio, novembre 2009, articolo di Marianna Iafelice, p. 45) (Gianuzzi, San Pio, 150-1) (Fernando, Crocifisso, 146-7 (dice 9 agosto)


         Dettagli della foto di Padre Placido

   Padre Placido Bux



     
    


Certificato di autenticita' della foto, firmato da Padre Placido





 Elia Stelluto

Elia Stelluto racconta:

Negli anni quaranta io frequentavo molto il convento. Ero ragazzo e andavo spesso dai frati, sia per servire la Santa Messa che   per mangiare qualcosa in convento, perché erano tempi duri ed i frati ci davano sempre qualcosa. Non posso mai dimenticare Padre Agostino da San Marco in Lamis che sembrava burbero, ma in realtà con noi ragazzi era tanto dolce. Infatti la prima cosa che fece fu quella di farci imparare la dottrina cristiana. E' in questi momenti che ho conosciuto Padre Pio ed ho cominciato ad andare e venire dal convento di San Giovanni Rotondo

Un giorno, dopo aver servito la Messa, eravamo in giro per il convento, e non c'era niente da mangiare. Neanche i Padri cappuccini avevano da mangiare. Anche per loro era una giornata nera. Andando via verso il paese (era primavera e i mandorli già davano i frutti teneri), ci fermammo poco lontano dal convento e, vicino ad una bacheca dove c'era l'immagine di Padre Pio appartenente al fotografo Abresh, ci  mettemmo a mangiare le mandorle fresche. Ad un certo momento uscì una signora rimproverandoci del fatto che stavamo rubando delle mandorle. Io risposi subito che non stavamo rubando, ma mangiando. Lei ci disse: "Non vi rendete conto che le mandorle sono amare?". Io risposi:"Boh!".  Tanta era la fame che non ci eravamo resi conto del sapore. Allora la signora ci disse di scendere gli scalini verso il piano sottostante. Timidi ed impauriti ci preoccupammo: pensavamo che la signora chiamasse i carabinieri o ci desse delle botte. Invece fu tanto gentile e ci dette un pezzo di pane con un po' di zucchero. Per noi fu una giornata di festa.  Poi entrammo in casa e vedemmo che era un negozio ( il primo negozio di souvenir dedicato a Padre Pio). Abresh, il titolare, aveva delle foto bagnate da fare asciugare su un tavolo. La signora disse a me personalmente: " Cosa fate durante il giorno?" "Vagabondo per il paese", risposi. Purtroppo per la guerra le scuole erano chiuse per accogliere gli sfollati di Foggia, duramente bombardata dagli Alleati. Allora la signora mi chiese se ero disponibile a comprare qualcosa, per suo conto, nelle case private, perché non c'erano negozi a San Giovanni e la casa di Abresh era distante tre chilometri dal paese, al quale era collegata da una mulattiera.  Allora cominciai a frequentare Casa Abresh, cominciando a imparare l'arte della fotografia che mi appassionava molto. Dopo un po' comprai una modesta macchina fotografica con la quale cominciai a scattare foto a Padre Pio nel convento, cosa proibita tassativamente a tutti i fotografi professionisti, compreso il mio maestro Abresh. 

Quando Padre Pio mi vide per la prima volta con la macchina fotografica, mi chiese: "Guagliò, chev'è chella macchina?", (ragazzo, che cos'è quell'aggeggio?". Gli risposi che era una macchina fotografica e subito cominciai a scattargli le prime fotografie. e, dopo averle sviluppate e stampate, il giorno dopo le mostrai al Padre, il quale mi disse apertamente che alcune foto non gli piacevano. Il mio maestro, Abresh, era invece contentissimo del fatto, perché le foto erano bellissime.

Quindi tutti i giorni io frequentavo il convento e scattavo tante foto, giocando con la macchina fotografica che lo stesso Padre Pio prendeva spesso in mano, per vederla. Io ero un adolescente ed Abresh era contento in quanto  riusciva ad arricchire,  così, tramite le foto che io scattavo, il suo archivio fotografico.

 

 

La piu' famosa foto di Padre Pio, di Elia Stelluto.

 

Un giorno il mio maestro Abresh mi disse di scattare una foto a Padre Pio durante la Santa Messa, e precisamente al momento della benedizione. In compenso mi avrebbe dato 5000 lire. Io, che allora guadagnavo 500 lire al mese, gli dissi di cominciare a preparare i soldi. Preparai il flash con la macchina fotografica e mi misi d'accordo con le Pie donne (così erano soprannominate le figlie spirituali di Padre Pio) e la mattina presto mi misi in prima fila a destra dell'altare di San Francesco (nella chiesa piccola).

   Giunto il momento della benedizione, Padre Pio benedisse l'assemblea alzando la mano senza i guanti, perché durante la Messa egli non li usava. In questo momento scattai la foto a circa un metro e mezzo di distanza dal Padre. Sentii un urlo improvviso ed un grido:  Chiamate i carabinieri!.....Chi è quello lì?......  Mortificato nel vedere Padre Pio arrabbiato, era la prima volta che lo vedevo così sconvolto, mi  impaurii  e caddi in uno stato di mortificazione. Tutte le Pie donne si meravigliarono della reazione del Frate verso di me, perché sapevano benissimo i rapporti confidenziali che c'erano tra me e Padre Pio. Allora io subito andai in sacrestia per baciare la mano come tutti gli altri giorni (si baciava la mano, senza i guanti, sopra e sotto le stigmate: il Padre lo permetteva a noi ragazzi) e gli dissi:  Padre, scusami, non sapevo che ti arrabbiavi tanto per una foto. Al che lui rispose:  Ah! Sei tu  quello che ha fatto quella luce?Si Padre, gli dico. E lui vedendomi così mortificato, tirandomi su anche di morale, con una grande dolcezza, mi disse: Fanne quante ne vuoi, senza quel mastrillo (il flash, n.d.r.), perché potrei anche cadere a terra (il flash lo impressionava molto). Gli risposi:  Padre, è impossibile fotografare senza quel mastrillo. Tu sei esperto nei miracoli, della messa, nel convertire le anime, nel confessare; ma non sei un fotografo. E lui mi ripete:  Tu fanne quante ne vuoi senza quel mastrillo.   Aggiunsi: Padre stai tranquillo che non vengo più a fare fotografie. E lui ancora:  Fanne quante ne vuoi senza quel mastrillo (il flash). Così, finita l'arrabbiatura ci salutammo come tutti gli altri giorni.  Il giorno stesso, nel tardo pomeriggio, Abresh mi chiamò per fare un servizio fotografico ad una prima comunione in convento. Io gli dissi di no, perché la mattina avevo fatto arrabbiare Padre Pio. "Se vuoi andare, vacci tu, perché non voglio fare più arrabbiare Padre Pio". La sera mi venivano in mente le parole di Padre Pio pensando che se le foto senza il flash non venivano, avrei potuto rimproverarlo dicendogli  che senza quel  mastrillo le foto non erano venute. Senonché il giorno dopo, scattai le foto senza flash, a lume di due candele. Andai subito a svilupparle e, con sorpresa, vidi che le foto erano uscite belle. A quei tempi non c'erano le tecniche di oggi (bassa sensibilità delle pellicole), e così mi resi conto che anche Pio.........era fotografo.

La foto che fece arrabbiare il Padre è una delle più belle ed è quella che lo ritrae benedicente all'altare San Francesco della chiesetta conventuale, mentre dietro di lui si intravede l'altare addobbato con i garofani bianchi. La foto è rimasta immortalata in quanto è ricordata con l'immagine di Padre Pio benedicente sullo sfondo dei garofani. Io, intanto, per l'arrabbiatura, rinunciai alle 5000 lire, mandando al diavolo il mio maestro.

 

La famosa foto fatta da Elia Stelluto

 

 

Elia Stelluto chiede a Padre Pio il permesso di poter usare il flash (in basso accanto alla sedia)



 

 

 

 

 

 

 

 

 

La collezione di 12 fotografie fatte nel 1945 da Gerald J. Adamic,

delle Forze Armate Americane

 

 

Adamic scrisse l'11 settembre 2006: "Caro frate Alexis, Io ero membro del coro organizzato da Padre George Rice, del 463mo Gruppo di Bombardamento, stazionato all'aeroporto Celone, appena fuori di Foggia. Noi andammo due volte a San Giovanni Rotondo per vedere Padre Pio. Cantammo la Messa degli Angeli in latino per Padre Pio mentre egli celebrava. Dopo Messa andammo nella sacrestia, dove baciammo le mani di Padre Pio e ricevemmo una speciale benedizione. Padre Pio ci portò nel monastero, ci mostrò la sua cella, e ci diede medaglie della Santa Madre. Dei circa 12 membri del coro uno solo cadde in combattimento. Egli era anche il nostro solista, e cantava l'Ave Maria durante la Messa. Io ho sempre avuto il pensiero che Dio lo voleva nel suo coro celeste. Egli era benedetto da una bella voce di tenore. Ho allegato a questa lettera la maggior parte delle foto che io ho della nostra visita a San Giovanni Rotondo. Mi dispiace che non ne feci di più. In realtà, la prima volta che andammo li, nessuna delle foto riuscì. La seconda volta che andammo, credo fosse maggio 1945, le mie foto furono ok. Padre Pio permise che venissero.".

 

P.R. "Io ero S/Sergente nella sezione foto del 463mo Gruppo Bombardieri. Io era anche il fotografo di Relazioni Pubbliche per quel gruppo. Ero anche un fotografo aereo e volai 22 missioni. Ma fui confinato a terra in quanto ero l'unico nel Gruppo che sapeva riparare una macchina fotografica.

 

1     Veduta verso il paese dal convento. Alle sinistra una cappellina, lungo la strada maestra (Viale dei Cappuccini).

 

Veduta verso il paese, dal convento, lungo la strada maestra.

 

  La strada che porta al convento dei Cappuccini nel maggio del 1945. Notare la Via Crucis sulla destra della strada.

 

4     Nel coro della chiesa, cantando la Messa degli Angeli per la messa di Padre Pio. Io (Adamic) sono la persona tutta a sinistra.

 

  Allontanandosi dal convento, andando verso San Giovanni Rotondo.

 

  Padre Pio, maggio 1945. Nel corridoio di fronte alla cella, Padre Pio distribuisce medaglie della Vergine Benedetta.

 

7   Mentre Padre Pio si gira per dire "Dominus Vobiscum", le Stimmate sulle mani sono chiaramente visibili.

 

8 Una veduta dal coro. Alla sinistra dell'altare l'immagine di San Giovanni Battista, patrono del convento.

 

  Padre Pio permette di baciargli la mano. E' circondato dai membri del 463mo Gruppo di Bombardamento, e da italiani.

 

10  Nella stanza da pranzo di Mary Pyle. Membri del 463mo Gruppo di Bombardamento prendono il caffè nel suo "Castello Rosa".

 

11  Il padre e le nipoti di Padre Pio; maggio 1945. Da sinistra a destra: il Conte, una nipote di Padre Pio, Mary Pyle, il padre di Padre Pio, una nipote di Padre Pio.  

 

12  Veduta verso il paese dal convento. Sulla sinistra la cappellina che ancora esiste oggi (1945).

 

 

 

Gerald J. Adamic fotografie, link su internet:

   https://franciscan-archive.org/padrepio/Adamic-Archive.html

 

 

 

Radiologo dr. Alberto Caserta

 

Il prof. Francesco Lotti scrisse in una relazione che dato che Padre Pio aveva frequenti disturbi con occlusione del naso e delle orecchie, "Il giorno 13 ottobre 1954 Padre Pio, accompagnato dal padre superiore, Padre Carmelo da Sessano, e da me, fu condotto al gabinetto radiologico della Casa Sollievo della Sofferenza ove fu sotto porto ad alcuni esami da parte del radiologo dottor Alberto Caserta. Il radiologo veniva da Foggia e la Casa non era stata ancora inaugurata, e le attrezzature da poco installate. Furono fatte radiografie al torace e al cranio. Fyrono altresi' effettuate radiografie all'insaputa del Padre stessoma pere incarico del Superiore, alle mani e ai piedi per esaminare le condizioni dello scheletro nelle zone corrispondenti alle stigmate. Alle lastre delle mani e dei piedi non si notava assolutamente nulla di particolare." (Gerardo, Le stigmate, 301-2).

 

Palmo della mano sinistra    Dorso della mano sinistra 

 

  Palmo della mano destra  Dorso della mano destra

 

  Piedi

 

Radiografie eseguite dal radiologo Alberto Caserta, di Foggia, a San Giovanni Rotondo, su padre Pio. (Gerardo, Le stigmate, appendice fotografica 17-21)

 

 

 

 Gaetano Mastrorilli

 

 

              

Gaetano Mastrorilli di Bari seguì Padre Pio dal 1952 al 1968. L'immagine ufficiale per la canonizzazione di Padre Pio nel  2001 era una rielaborazione a colori di una foto scattata dal Mastrorilli nel 1958. Patrizia, la figlia di Mastrorilli, ricorda: "Avevo undici anni quando morì san Pio e ricordo bene quella notte in cui fummo svegliati tutti di soprassalto dalla telefonata dei frati: avevano chiamato mio padre perché' corresse a San Giovanni Rotondo a filmare e fotografare i funerali di Padre Pio. Lo vedemmo tornare a casa soltanto dopo tre giorni, letteralmente distrutto eppure soddisfatto per aver compiuto un buon lavoro."

 

(Antonio Di Giacomo, Il fotografo di Pio Padre, La repubblica, 27 ottobre 1910)

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/10/27/il-fotografo-di-pio-padre.html

 

 

Gaetano Mastrorilli offre a Padre Pio un sorriso smagliante.

 

 

 

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